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Tsukamoto racconta detective degli incubi.
Una megalopoli notturna, rumorosa, soffocata dal traffico e mostrata solo nella sua modernita' attraverso toni blu e grigi, nei quali realta' ed incubo si confondono.
E' l'ambientazione di 'Nightmare Detective', il film di Shinya Tsukamoto presentato oggi, in prima mondiale (in contemporanea con il festival nordcoreano di Pusan) alla Festa Internazionale del Cinema di Roma, dov'e' fra le pellicole in concorso di Cinema '06.
Il regista, qui al decima pellicola, e' diventato cult per il pubblico di tutto il mondo e un idolo per registi come Quentin Tarantino e Darren Aronfosky grazie a film nei quali ha dato forma a paure, sogni e passioni.
Da 'Tetsuo' nel quale uomo e macchina diventano un unicum, al voyerismo ossessivo di 'Snake of June'.
Stavolta il regista quarantaseienne ha scelto di continuare il suo viaggio tra le contraddizioni alienanti del mondo moderno, soffermandosi, attraverso il genere poliziesco -paranormale, sul terreno degli incubi.
Protagonista e' Keiko (Hitomi, una popstar in patria, qui al suo primo film), investigatrice incaricata di scoprire cosa si cela dietro i suicidi truculenti di una ragazza punk e un impiegato che si e' ucciso nel suo letto, accanto alla moglie che dormiva.
La poliziotta si accorge che entrambi hanno composto con i cellulari lo stesso numero telefonico, registrato sotto la rubrica con una semplice 'O' e che i loro ultimi sogni hanno avuto una ruolo concreto nelle loro morti.
Keiko capisce che dietro le due morti c'e una presenza oscura che 'recluta' le potenziali prede attraverso un sito nel quale gli propone di suicidarsi insieme, per poi infiltrarsi nella loro mente mentre dormono per colpirli.
Quando anche un collega della ragazza finisce preda di 'O' (interpretata dallo stesso regista), Keiko convince il misterioso Kayoichi (Ryuhei Matsuda), ragazzo solitario capace di entrare nei sogni degli altri, ad aiutarla.
''Nei miei film ho sempre esplorato il rapporto fra citta' e esseri umani | ha spiegato il cineasta | Stavolta rivolgo un attacco al mondo moderno giapponese, nel quale continuano a nascere anche nella realta' siti con i quali si istiga al suicidio collettivo.
Nella nostra societa' nessuno piu' si ferma a pensare cosa significhino la vita e la morte, vengono vissute con eccessiva leggerezza''.
Fra volti cancellati e citazioni di 'Alien', il regista tratta temi tanto importanti mantenendo sempre alto il ritmo della storia, che si snoda su diversi archi temporali e paralleli piani di realta'.
Pensa che il cinema giapponese sia sempre piu' influenzato da manga e anime (rispettivamente i fumetti e le opere d'animazione del Sol Levante)? ''No, non si puo' generalizzare, il cinema giapponese di questi anni sta percorrendo strade molto diverse.
E' vero pero' che la mia generazione e' cresciuta vedendo i cartoni animati e che a volte per me scompare il confine fra il mondo reale e quello della fantasia.
Ma penso succeda solo a me' dice sorridendo.
In questo film costruito su sogni e incubi, il cineasta dice di non essere ricorso, come si poteva immaginare a Freud e Jung: ''Ho provato a sfogliare i loro libri ma erano troppo al di sopra della mia comprensione.
Ho preferito quindi rifarmi alla mia infanzia, ricordando la paura che avevo di addormentarmi, proprio perche' temevo di fare degli incubi.
Mi facevano paura ma al tempo stesso mi davano una senso di gioia, un po' come quando si va sulle montagne russe''.
(ANSA)
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