(ANSA) - BARI, 06 FEB - Può fruttare e non solo in campo
l'opera di studio e salvaguardia delle antiche varietà locali e
c'è già chi sta seriamente investendo sulla biodiversità,
studiando in biblioteca o lavorando in campagna sulle varietà
autoctone italiane. È il caso delle quasi 300 varietà pugliesi,
censite e recuperate con il progetto 'SaveGrainPuglia', in una
regione, la Puglia, che con i Balcani "è tra i più importanti
centri per biodiversità a livello mondiale", come ha spiegato
Giovanni Giuseppe Vendramin, Direttore dell'Istituto di
Bioscienze e Biorisorse (Ibbr) del Consiglio nazionale delle
Ricerche (Cnr) a Bari, all'avvicinarsi della conclusione di 3
anni di attività di ricerca e sperimentazione nei campi
pugliesi.
Al progetto coordinato dall'Istituto e finanziato dal
Programma di sviluppo rurale della Regione Puglia, hanno
lavorato anche storici nelle biblioteche per risalire all'età di
introduzione delle varietà. "Che l'investimento sulla
biodiversità renda, lo hanno capito - è emerso - soprattutto i
tanti giovani che si stanno dedicando all'agricoltura e, tra
questi, i primi che hanno diversificato l'attività agricola. Un
esempio è l'agriturismo con la potenzialità offerta, coltivando
un'antica varietà, di produrre e offrire prodotti unici, come la
cicerchia screziata della Murgia e il fagiolo bianco dei Monti
Dauni o la lenticchia nera di Soleto per citare alcune delle
leguminose studiate e salvaguardate al pari di cereali, grani e
foraggere tipiche pugliesi, con il progetto.
"Dal punto di vista scientifico siamo interessati anche a
quelle varietà - ha spiegato il responsabile scientifico di
'SaveGrainPuglia', Gaetano Laghetti - che non hanno un mercato,
perché sono un serbatoio di geni che possono servire a
migliorare anche le varietà attuali. Le varietà antiche rispetto
a quelle moderne producono meno, però hanno quei famosi sapori
'antichi' che il consumatore gradisce, predisponendolo anche a
pagare un prezzo maggiore pur di avere questi tipi di prodotti".