"Ingiustizia è fatta". Così dopo il
via libera alla destituzione da parte del Consiglio di Stato, si
difende il Francesco Bellomo, il consigliere finito nella bufera
per le denunce di pressioni su alcune borsite della scuola di
diritto da lui gestita e frequentata da aspiranti magistrati. Le
vicende sono oggetto anche di due inchieste, a Bari e a
Piacenza. "Dopo quasi 25 anni di lodevole servizio per lo Stato
- prosegue - vengo destituito perché, nella mia vita privata, in
veste di direttore scientifico di una scuola di formazione
giuridica (e centro di ricerca), sono stato autore di contratti
di borsa di studio e pubblicazione sulla rivista telematica.
Ipotesi per le quali la legge non consente la destituzione,
prevista solo in caso di condanna per gravi reati. Invece io non
ho subìto alcuna condanna, neppure alcun processo. "L'unica
condanna che ho subito, con effetti devastanti, è stata quella
mediatica".
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