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Scontro treni: un passeggero su Fb, "E' il nostro 11 settembre"

Il racconto di chi su quei convogli è salito centinaia di volte

   "Io ho preso uno di quei treni centinaia di volte. Centinaia. E c'è gente che tuttora, ancora, lo prende. C'è gente che l'ha preso oggi. Dopo il dramma. Perché per noi quella è vita. Quando parto per Roma, io prendo esattamente quel treno. Esattamente quello. E ogni volta c'è quella ragazzina che da Barletta torna a Corato che è tanto carina, che aspetta in panchina. Tutti noi, su quei treni, abbiamo litigato. Abbiamo pianto. Non avete nemmeno idea di quanti ne ho visti piangere". E' il racconto che ha postato su Fb un coratino, Nicola Nocella, e che viene condiviso numerose volte nella rete, a distanza di due giorni dallo scontro frontale fra due treni avvenuto tra Corato e Andria e che ha provocato 23 morti. La lettera si chiama 'Il mio giorno più lungo' e racconta lo stato d'animo di un viaggiatore che su uno di quei treni ha passato gran parte della sua vita.
   
"Ho passato la giornata davanti alla tv, - scrive - fingendo di non sentire il suono delle sirene, delle ambulanze e dalle urla. Da chi, stavolta, piangeva fuori dal treno. Ho passato il giorno davanti alla tv perché conosco benissimo quella curva, e non mi ha mai fatto paura. E oggi me ne fa". "Ho visto un lavoro eccezionale da parte di giornalisti locali, che hanno vissuto il terrore. L'apocalisse. Ho sentito troppe parole. Troppe accuse gratuite e troppe 'fandonie' No, chiamiamole come è giusto, cazzate. Uno di quei treni non doveva essere lì. Lo sappiamo. Quando vi hanno detto che i morti erano pochi, e poi dieci, tutti noi, qui, sapevamo che sarebbero stati molti di più. Perché su quei treni, noi, prima di arrivare a "Ruvo station" ci siamo stati troppe volte". "Quei treni, tutto quello che hanno rappresentato negli ultimi cinquant'anni - questo scrive ancora Nocella - per noi sono uno dei motivi per cui abbiamo pensato di poter partire. Di credere nei nostri sogni. E uno dei motivi per cui partivamo era perché sapevamo di essere in grado di tornare". "Io, quella stazione per cui ora voi vi indignate, l'ho vissuta per tutta la vita. E quel capostazione che ho appena visto intervistato da sky, mi saluta tutte le volte. E mi chiede come sto. E mi sorride. E così triste, non l'avevo visto mai".

   "Non ho smesso un minuto di piangere. E come me tutti. Tutti. Perché oggi tutti noi abbiamo perso qualcosa. Eppure, non riesco nemmeno a immaginare lontanamente il dolore di chi, adesso, è lì, al palazzetto di Andria, aspettando di avere notizie. Lasciateci al nostro dolore. E' stato il nostro undici settembre. Voi ve ne dimenticherete presto, noi non lo dimenticheremo mai. Ma sarà un'altra, la cosa che non dimenticherò mai. Alle undici e mezza c'è stata la tragedia. Nemmeno a mezzogiorno c'erano già tutti i soccorsi. Tutti. Una macchina perfetta. Quattro elicotteri della protezione civile. Dopo poco più di un'ora c'era già un ospedale da campo pronto accanto al disastro. Alle due e mezza negli ospedali c'erano tutti i medici che potevano esserci. Alle tre meno un quarto c'era già la fila di donatori in giro nei punti di raccolta. Ci hanno chiesto di tornare domani. E gli operatori del servizio di donazione erano lì da stamattina. E adesso, scrivo alle 23, sono ancora lì. Come tutti i vigili del fuoco.
    Tutti i volontari. Tutti i poliziotti e tutte le guardie forestali. Dopo tre ore dalla tragedia, il palazzetto dello sport di Andria era un grande centro di raccolta. Di protezione per i parenti. E di informazione. Non sono mai stato più orgoglioso di essere coratino, di essere pugliese".

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