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25 anni fa maxisbarco albanesi: medico racconta, fu miracolo

25 anni fa maxisbarco albanesi: medico racconta, fu miracolo

Pjerin Gjoni era già laureato ma dovette iscriversi a università

08 marzo 2016, 12:02

Redazione ANSA

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I profughi provenienti dall 'Albania sbarcano al porto di Brindisi, dove vengono soccorsi, Brindisi, marzo 1991 - RIPRODUZIONE RISERVATA

I profughi provenienti dall 'Albania sbarcano al porto di Brindisi, dove vengono soccorsi,  Brindisi, marzo 1991 - RIPRODUZIONE RISERVATA
I profughi provenienti dall 'Albania sbarcano al porto di Brindisi, dove vengono soccorsi, Brindisi, marzo 1991 - RIPRODUZIONE RISERVATA

(di Roberta Grassi) E' passato un quarto di secolo da quando la prima carretta del mare che proveniva dall'Albania giunse in Puglia. C'erano 24mila persone a bordo e fu allora che a Brindisi avvenne il "miracolo". Lo ricorda proprio così, Pjerin Gjoni che oggi va per i 60 e fa il medico del 118 proprio nella città che gli garantì il primo soccorso: "Il popolo brindisino ci spalancò le porte di casa, ci accolse mettendoci a disposizione tutto quello che poteva per scaldarci, per sfamarci. Corsero da noi, per donarci i loro abiti migliori". La memoria è nitida: "Fu una gara di solidarietà". Gjoni lavora nel settore Emergenza della Asl di Brindisi ormai dal 2002. Aveva 34 anni e una laurea in medicina quando, tra il 6 e il 7 marzo 1991 approdò in Puglia, uno dei tanti che erano stretti su una imbarcazione che a stento li conteneva tutti. Quel titolo in Italia si rivelò carta straccia: "Avrei dovuto presentare documenti in italiano per tutte le materie, per tutta la programmazione. Poi una commissione avrebbe dovuto valutarla". Ricominciò tutto da zero. Si reiscrisse all'università nel 1992, si è laureato poi nel 1997: "Ho lavorato a Bari, a Taranto. Poi sono tornato a Brindisi e qui sono felice. Ormai vivo qui, questa è la mia famiglia. Ho contatti con tutti coloro che quel giorno si misero a disposizione. La prefettura, ma soprattutto la gente comune. C'era un tasso di disoccupazione altissimo a Brindisi all'epoca, sfiorava forse il 34 per cento. Eppure fecero a gara. Ci portavano da mangiare, ricordo, sotto i teli trasparenti che ci proteggevano dalla pioggia". Fu il preludio di un maxi esodo andato avanti poi anche dopo, nell'agosto successivo, quando a Bari arrivò la nave Vlora. E anche negli anni successivi. Per lui i brindisini sono "il suo popolo". "Non hanno avuto un riconoscimento adeguato alla loro generosità. Quello che accadde 25 anni fa fu impareggiabile. C'è ora solo una piccola targa, in un posto nascosto del porto, per altro non accessibile a tutti. Meriterebbero un obelisco enorme per quello che hanno fatto". Erano 24mila: "Quando ancora non era stato dato l'ok all'ingresso del porto perfino un contrabbandiere brindisino, con lo scafo, - racconta Gjoni - ci portò latte e biscotti. E anche sigarette e accendini. Quello che accadde fu memorabile e ha legato i due popoli per sempre". Oggi Gjoni continua a fare il proprio lavoro: salvare le vite degli altri. E' tornato per la prima volta in Albania dieci anni dopo l'arrivo in Italia, per incontrare amici e parenti. Ma la sua casa è ormai in Puglia: "Siamo popoli legati da una storia comune. Durazzo all'epoca era una città fantasma. Molto è cambiato. Ma oggi, come allora, chi dice di essere brindisino e va in Albania ottiene un trattamento speciale. Tutti parlano italiano, lì. Lo hanno imparato dalla tv. Oggi, dopo 25 anni, nessuno ha dimenticato".  

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