NEW YORK - Il Museo Guggenheim di New York compie 80 anni e con il sostegno di Lavazza va alla riscoperta del suo DNA. "Visionaires: Creating a Modern Guggenheim" è la nuova mostra installata fino al 6 settembre nella rotonda di Frank Lloyd Wright riunendo 170 pezzi dalle collezioni permanenti del museo e dalla sua "gemella" veneziana, la Collezione Peggy Guggenheim.
Contrapponendo pezzi famosissimi di Alexander Calder, Paul Cézanne, Marc Chagall, Vasily Kandinsky, Paul Klee, Fernand Léger, Piet Mondrian, Pablo Picasso, Jackson Pollock a creazioni di artisti meno noti ma altrettanto importanti, la monumentale rassegna esplora le innovazioni dell'avanguardia dalla fine dell'Ottocento alla metà del Novecento attraverso l'impegno di sei mecenati che diedero vita, nella Fondazione Guggenheim, a una istituzione in perenne proiezione verso il futuro. Un gemellaggio perfetto con Lavazza, mecenate dei nostri tempi, alla sua quarta mostra con il Guggenheim dopo quelle sul Futurismo del 2014; Alberto Burri: The Trauma of Painting (2015-16); e Moholy-Nagy: Future Present (2016).
"'Visionari' presenta la visione coraggiosa e imprenditoriale ma anche la sensibilità artistica a cui sei grandi collezionisti hanno saputo dar vita. Sei pionieri dell'arte contemporanea, individui capaci di vedere e costruire il futuro", ha detto Francesca Lavazza da qualche mese nel Consiglio di Amministrazione del museo di New York e che da ottobre ha avviato una partnership quinquennale anche con la Collezione Guggenheim di Venezia. "Con 120 anni di storia alle spalle e l'innovazione nel suo DNA, Lavazza trova ispirazione nei molti individui la cui preveggenza e creatività hanno portato avanti nuove forme di espressione creativa degli ultimi due secoli e oltre".
Per il direttore del Guggenheim, Richard Armstrong, la mostra ha un messaggio molto attuale, "in un momento in cui principi fondamentali come la tolleranza reciproca sono messi in dubbio". Armstrong ha ricordato che molte opere di "Visionaires" sono state create da artisti fuggiti dai loro paesi di origine e che hanno trovato rifugio negli Stati Uniti. Un messaggio politico dunque, raccontato attraverso la prospettiva dei "magnifici sei": oltre al fondatore Solomon R. Guggenheim, che divenne un campione dell'arte non-oggettiva di Vasily Kandinsky, e la nipote Peggy, scorrono nella rotonda le collezioni di Justin K. Thannhauser; del gallerista Karl Nierendorf e delle artiste Katherine S. Dreier e Hilla Rebay, entrambe centrali nella promozione dell'arte moderna in America.
La mostra si chiude con 23 opere arrivate da Venezia e raramente esposte fuori da Palazzo Venier de' Leoni: tra queste, tele di Max Ernst, Picasso, René Magritte, Yves Tanguy, sculture di Joseph Cornell e Alberto Giacometti. Chiude la carrellata "Alchemy" di Jackson Pollock, dipinto nel 1947, e considerato un manifesto del "dripping". E' stato appena restaurato in Italia e viene esposto negli Usa per la prima volta dal 1969, quando l'intera collezione di Peggy venne mostrata a New York.
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