"Mi difenderò per ogni scatola di
cioccolatini, che pure è un omaggio caratteristico della nostra
città, per avere utilizzato ogni risorsa mia e della Fondazione
per superare diffidenze, pregiudizi e ostacoli, mi difenderò per
aver accolto i nostri ospiti con un'ospitalità degna della
tradizione torinese, ma l'importante è che Torino sia stata e
rimanga per tutti la 'Città del Libro". Rolando Picchioni, ai
vertici del Salone del Libro dal 1998 al 2015, si difende così
dallo "stillicidio mediatico" delle notizie relative
all'inchiesta sulla buchmesse torinese.
"Scrivo per ribadire l'orgoglio per un lavoro compiuto con
passione in oltre quindici anni, lavoro che, al di là delle
molteplici difficoltà, ha fatto del Salone una realtà indiscussa
della cultura italiana", scrive Picchioni, che in una lettera
aperta individua il "peccato originale": "il mio lavoro iniziò
alla fine del 1998 con un fondo di dotazione inesistente". Una
"evidente criticità economica, che ha condizionato tutti i
bilanci successivi".
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