"E' come fosse morto un mio
fratello", con cui "ho condiviso in questi anni la speranza di
essere accolto e la rabbia e la frustrazione per una città che
non riesce - malgrado i tanti sforzi lodevoli - a garantire il
primo diritto: la vita". Così l'arcivescovo di Torino, monsignor
Cesare Nosiglia, dopo la morte per assideramento di un clochard
trentenne di origini extracomunitarie. "La sua morte ferisce me,
i credenti della Chiesa di Cristo e tutti i cittadini di
Torino", aggiunge monsignor Nosiglia, secondo cui "è la
rassegnazione il nostro vero nemico".
L'arcivescovo chiede "una vera mobilitazione delle coscienze,
un sussulto di umanità e di dignità affinché ci si impegni, a
ogni livello, perché non debbano più accadere simili tragedie
fra noi". "Non basta più circoscrivere il problema dei
senzatetto agli addetti ai lavori - insiste - ai tanti che già
se ne occupano. Il tema dell'accoglienza deve diventare ciò che
è realmente: una questione di civiltà, che riguarda la città
intera".
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