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Polonia 'crocifissa' vince al festival documentario Jihlava

Stasik denuncia il disagio del paese in 'Opera about Poland'

31 ottobre, 21:15
(ANSA) - JIHLAVA (REPUBBLICA CECA) - Una visione tetra della Polonia attuale, denuncia dissacrante di un paese "autolesionista", che vive secondo "miti e convinzioni sbagliate", devastato dal consumismo, supportato da "un cattolicesimo di facciata" ridotto ormai a mero rituale e con tanti "scheletri nell'armadio" del suo passato: a proporla è il regista polacco Piotr Stasik in 'Opera about Poland', proiettata in prima visione mondiale al 21/o festival internazionale del documentario di Jihlava, dove ha vinto la sezione 'Between Sees', dedicata al miglior film dell'Europa Centro-orientale.

"Sono molto felice - ha commentato Stasik - perché non ero convinto che il mio film potesse piacere così tanto qui e soprattutto che potesse essere capito". Le motivazioni della giuria, composta da Nicole Brenez, Tiffany Pritchard, Robert Kirchhoff, Ilya Gladshtein e Thomas Ostbye, hanno rispecchiato l'iconografia dell'opera con una serie di brevi definizioni: "Emergenza mondiale! Analisi isterica. Mosaico distruttivo.

Saggio eretico. Attacco audio. Anti-catarsi".

Il senso del film si percepisce dalla prima scena choc: un'aquila, animale simbolo della Polonia, inchiodata ad una croce in mezzo alla nebbia con in sottofondo una conversazione in russo tra la torre di controllo e la cabina di pilotaggio di un aereo, chiara allusione al disastro di Smolensk del 2010 in cui venne decapitata l'elite polacca. "È la Polonia crocifissa - spiega - anche se non lo dico proprio esplicitamente: è una visione che mi è scaturita dal profondo, come quando si scrive una poesia. In realtà l'animale crocifisso non è un'aquila, ma un falco, quindi non è proprio un riferimento diretto".

"Il film nasce - aggiunge Stasik - da un conflitto interiore; da un lato il senso di smarrimento e repulsione per quello che sta accadendo nel mio paese e dall'altro il mio grande amore per la Polonia. Ogni volta che torno in patria provo disagio: non si vive in maniera saggia, si fa quello che ti dice la tv, oppure si vuole di più di quello che si ha, vivendo di menzogna, false convinzioni e bisogni fasulli".

Anche la visione della chiesa è caricaturale per il regista.

"Se guardiamo il cattolico polacco - sostiene - ormai si tratta di un cattolicesimo di facciata: il marito picchia la moglie in casa e poi va in chiesa, si confessa ed è tutto a posto".

Il capitalismo ha avuto un ruolo fondamentale nella visione di imbarbarimento del popolo. "Si dà molta importanza al materialismo - sottolinea Stasik - ma questo dipende dalla nostra storia: l'elite è stata decapitata, siamo stati saccheggiati e abbandonati, poi su questo paese povero e oppresso sono stati imposti i soldi e le idee del capitalismo, sul come comprarci".

Finora le reazioni al film in patria sono state contrastanti, tra il non sapere cosa dire e l'obiezione della mancanza della parte 'buona' delle cose. "Ci sarà sicuramente del bene in Polonia - precisa il regista - ma generalmente ritengo che l'anima polacca sia costituita, purtroppo, da quello che ho messo nella mia opera. Vedo che, e su questo probabilmente ha influenza anche la situazione politica nel nostro paese, i politici attuali tirano fuori dal popolo sempre più il male e perciò si vede che questo film ha sempre più ragione, ovvero che non viviamo in un bel paese e che purtroppo abbiamo tanti scheletri nell'armadio, e finora non siamo riusciti ad affrontarli." "La cosa peggiore di quello che accade in Polonia - prosegue - è che non si sa quanto sia negativa la situazione ora e quindi cosa fare: ovvero fare quello che si fa di solito perché tra poco la situazione cambierà prendendo una piega positiva, oppure invece è talmente negativa che bisogna scendere in strada come ha fatto quell'uomo che si è dato fuoco qualche giorno fa a Varsavia perché non ce la faceva più, e non era un pazzo come vogliono far apparire". "So - conclude Stasik - che i miei film arrivano a poche persone, ma so anche che la goccia scava la roccia: l'elite che guarda i film può decidere qualcosa, e anche questo tema, affrontato dall'elite può portare a decisioni di tutto il popolo, perché ognuno di noi decide o fa qualcosa. Penso che nel ragionamento dell'elite ci siano state molte mancanze, che ci siamo occupati finora di questioni poco importanti, forse perché stavamo troppo bene: forse non solo chi sta in basso ha commesso degli errori, ma anche chi comanda, quindi credo che fare film costruisca una forma di cultura che può dare luogo ad altri accadimenti". (ANSA).

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