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European Policy Institute Skopje, stanchi della retorica Ue

Studioso, Macedonia rischia di scivolare in altre dimensioni

06 aprile, 17:12

di Cristiana Missori

(ANSA) - ROMA - ''Siamo stanchi di sentire la stessa narrativa negativa. Si sente soltanto parlare di Brexit, di 'enlargement fatigue' e di avanzata del populismo in Europa''.

Non usa giri di parole Aleksandar Jovanovski, ricercatore allo European Policy Institute di Skopje, intervenuto a Roma alla conferenza ''The Western Balkans in the European Union'', organizzata dal Ministero degli Affari Esteri e dall'Istituto Affari Internazionali (IAI).

''La presidenza italiana del processo di Berlino - dice ad ANSA Nuova Europa a margine dell'incontro - arriva in un momento cruciale''. E a luglio, ''al Vertice di Trieste, l'Italia avrà la possibilità di inviare un messaggio positivo ai Paesi dei Balcani occidentali: di rilancio della cooperazione regionale e del processo di allargamento dell'Ue''. A pensarla come Jovanovski sono in molti dall'altra parte dell'Adriatico. ''I Balcani occidentali si aspettano qualcosa di più dall'Ue''. E' tempo, sostiene, di cambiare i messaggi negativi e ritrovare un atteggiamento positivo. Abbiamo bisogno di una nuova narrazione''. Se i sei Paesi dei Balcani occidentali chiedono un'iniezione di fiducia da parte dell'Europa, l'Ue chiede loro di andare avanti sia in termini di cooperazione regionale che in termini di rispetto delle regole democratiche, come lo stesso sottosegretario agli Affari Esteri, Vincenzo Amendola, è tornato a sottolineare. Un tema, quest'ultimo, alquanto delicato in questa lunga fase di stallo politico che sta vivendo la Macedonia. A 4 mesi dal voto anticipato dell'11 dicembre scorso, infatti, un governo non ha ancora visto la luce. ''Nemmeno i ripetuti interventi dell' Unione europea''. Interventi, spiega il giovane ricercatore di Skopje, sostanziali e volti a far applicare il principio della maggioranza parlamentare per la formazione del governo da parte del presidente della Repubblica, Gjorgje Ivanov, rifiutatosi di affidare l'incarico al leader dell'opposizione socialdemocratica, Zoran Zaev, di formare il governo. Un diniego legato al conseguimento da parte di Zaev di un accordo di coalizione con i partiti della minoranza albanese (che chiedono tuttavia in cambio concessioni in chiave di maggiore autonomia).

Il rifiuto del capo dello Stato riflette l'opinione della maggioranza della cittadinanza macedone, scesa più volte in piazza contro le richieste degli albanesi (che rappresentano il 25% della popolazione)e a sostegno dell'unità nazionale. Quello su cui è necessario vigilare, avverte Jovanovski, ''è l'avanzata dei populismo e del nazionalismo nel nostro Paese''. Per questo, sottolinea, è importante rimanere sotto l'ombrello dell'Ue.

''Altri attori extra Ue avanzano nella regione''. In primis la Turchia, ''primo investitore in Macedonia''. Per ora, dice lo studioso, ''non ci sono interferenze politiche, ma la penetrazione di Ankara nel Paese è capillare: arrivano finanziamenti a scuole, ong, associazioni''. Stanziamenti il cui ''uso è poco chiaro. Mentre la diffusione di certi valori e di una certa cultura sono sempre più evidenti''. Questo, rimarca, sta avvenendo anche nella vicina Bosnia Erzegovina. ''Senza un consolidamento delle istituzioni e un ritorno alla democrazia nel Paese, la Macedonia potrebbe scivolare verso altre dimensioni''.

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