(di Marco Patricelli - giornalista e docente di Storia
contemporanea)
PRAGA - "Timeless": senza tempo, ma oscillando tra Ottocento
e Novecento. Una "prima" dalla duplice valenza quella del 20
ottobre al Teatro nazionale di Praga, perché con "Timeless"
viene inaugurata la nuova stagione e perché il debutto è firmato
dal nuovo direttore artistico Filip Barankiewicz. Polacco di
nascita, tedesco per formazione e itinerario professionale (è
stato, tra le altre cose, primo ballerino dello Stuttgarter
Ballet), ha fortemente voluto uno spettacolo che mixa una
classica coreografia di George Balanchine sulla partitura della
"Sérénade" per archi op. 48 di Ciajkovskij, una realizzazione
firmata dall'israeliano Emanuel Gatt su due tempi (I e IV) della
3ª Sonata op. 58 di Fryderyk Chopin, dal titolo "Separate
Knots", e un colosso della musica di tutti i tempi, il "Sacre
du printemps" di Igor Stravinskij, nella reinterpretazione di
Glen Tetley (la sua coregrafia è stata un cavallo di battaglia
del Teatro di Stoccarda e su di essa ha danzato da solista
proprio il neodirettore Barankiewicz). La "macchina da guerra"
orchestrale richiesta dalla ricca e complicata partitura
stravinskijana (come gli archi per Ciajkovskij) è affidata
all'Opera di Stato, con due direttori ad alternarsi sul podio:
David Svec e Vaclav Zahradnik. Tre, invece, i pianisti chiamati
a eseguire dal vivo le pagine di Chopin: oltre allo stesso Svec,
anche Martin Levicky e Marcel Javorcek.
"Timeless" ha un triplice itinerario estetico e di linguaggio,
che va dal romanticismo polacco al post-romaticismo e
all'anti-romanticismo russo. "Separate Knots" (per quanto su due
movimenti veloci della Sonata di Chopin) ha un carattere
intimista e infatti il coreografo l'ha pensata per una coppia di
ballerini, che nelle varie rappresentazioni del Teatro Nazionale
sono uomo-donna, uomo-uomo e donna-donna. Ha invece predominanza
femminile la "Sérénade" per archi di Ciajkovskij, che si
riallaccia alla più pura classicità, nelle forme e nelle tinte
delle luci, con predominanza degli azzurri.
La selvaggia percussività del "Sacre", con le sue poliritmie e
poliarmonie, diventa il paradigma dei contrasti e delle
lacerazioni del Novecento, e non solo alla vigilia della prima
guerra mondiale (la partitura è stata completata nel 1913). Il
terzo balletto del cosiddetto "periodo russo" di Stravinskij, è
stato l'ultimo vero, grande scandalo della storia della musica.
Alla prima di Parigi le urla e gli schiamazzi del pubblico
coprirono la potenza sonora dell'orchestra, suggellando un
colossale fiasco. Troppo ardito e troppo anticipatore il
linguaggio dell'autore, che intendeva rappresentare un rito
pagano della fertilità e della rinascita della terra, spazzando
via ogni visione bucolica ed edulcorata della primavera. Energia
pura che si sprigiona tra il "golfo mistico" dell'orchestra e il
palcoscenico con l'intero corpo di ballo del Teatro Nazionale.
Solisti Ondrej Vinklat-Michal Stipa -Nikola Marova, Youn Sik
Kim-Aya Watanabe-Giovanni Rotolo, Francesco Scarpato-Radka
Prihodova-Marek Svobodnik. La particolarità è che l'"eletta"
protagonista della danza sacrale che deve condurla alla morte
rigeneratrice, immaginata da Stravinskij e tale riportata dai
coreografi (da Vaclav Nijinskij a Pina Bausch), nella versione
di Tetley è invece un uomo.
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