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A Praga la "prima" di "Timeless", fra Ottocento e Novecento

Proposta di un triplice itinerario estetico e di linguaggio

19 ottobre, 16:05
(di Marco Patricelli - giornalista e docente di Storia contemporanea) PRAGA - "Timeless": senza tempo, ma oscillando tra Ottocento e Novecento. Una "prima" dalla duplice valenza quella del 20 ottobre al Teatro nazionale di Praga, perché con "Timeless" viene inaugurata la nuova stagione e perché il debutto è firmato dal nuovo direttore artistico Filip Barankiewicz. Polacco di nascita, tedesco per formazione e itinerario professionale (è stato, tra le altre cose, primo ballerino dello Stuttgarter Ballet), ha fortemente voluto uno spettacolo che mixa una classica coreografia di George Balanchine sulla partitura della "Sérénade" per archi op. 48 di Ciajkovskij, una realizzazione firmata dall'israeliano Emanuel Gatt su due tempi (I e IV) della 3ª Sonata op. 58 di Fryderyk Chopin, dal titolo "Separate Knots", e un colosso della musica di tutti i tempi, il "Sacre du printemps" di Igor Stravinskij, nella reinterpretazione di Glen Tetley (la sua coregrafia è stata un cavallo di battaglia del Teatro di Stoccarda e su di essa ha danzato da solista proprio il neodirettore Barankiewicz). La "macchina da guerra" orchestrale richiesta dalla ricca e complicata partitura stravinskijana (come gli archi per Ciajkovskij) è affidata all'Opera di Stato, con due direttori ad alternarsi sul podio: David Svec e Vaclav Zahradnik. Tre, invece, i pianisti chiamati a eseguire dal vivo le pagine di Chopin: oltre allo stesso Svec, anche Martin Levicky e Marcel Javorcek. "Timeless" ha un triplice itinerario estetico e di linguaggio, che va dal romanticismo polacco al post-romaticismo e all'anti-romanticismo russo. "Separate Knots" (per quanto su due movimenti veloci della Sonata di Chopin) ha un carattere intimista e infatti il coreografo l'ha pensata per una coppia di ballerini, che nelle varie rappresentazioni del Teatro Nazionale sono uomo-donna, uomo-uomo e donna-donna. Ha invece predominanza femminile la "Sérénade" per archi di Ciajkovskij, che si riallaccia alla più pura classicità, nelle forme e nelle tinte delle luci, con predominanza degli azzurri.

La selvaggia percussività del "Sacre", con le sue poliritmie e poliarmonie, diventa il paradigma dei contrasti e delle lacerazioni del Novecento, e non solo alla vigilia della prima guerra mondiale (la partitura è stata completata nel 1913). Il terzo balletto del cosiddetto "periodo russo" di Stravinskij, è stato l'ultimo vero, grande scandalo della storia della musica.

Alla prima di Parigi le urla e gli schiamazzi del pubblico coprirono la potenza sonora dell'orchestra, suggellando un colossale fiasco. Troppo ardito e troppo anticipatore il linguaggio dell'autore, che intendeva rappresentare un rito pagano della fertilità e della rinascita della terra, spazzando via ogni visione bucolica ed edulcorata della primavera. Energia pura che si sprigiona tra il "golfo mistico" dell'orchestra e il palcoscenico con l'intero corpo di ballo del Teatro Nazionale.

Solisti Ondrej Vinklat-Michal Stipa -Nikola Marova, Youn Sik Kim-Aya Watanabe-Giovanni Rotolo, Francesco Scarpato-Radka Prihodova-Marek Svobodnik. La particolarità è che l'"eletta" protagonista della danza sacrale che deve condurla alla morte rigeneratrice, immaginata da Stravinskij e tale riportata dai coreografi (da Vaclav Nijinskij a Pina Bausch), nella versione di Tetley è invece un uomo.

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