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Mercato pesce Trieste riferimento per vicina area balcanica

Piccolo ma internazionale, รจ da 12 anni in sede provvisoria

17 aprile, 18:26
(ANSA) - TRIESTE, 17 APR - Settemila chilometri. E' questo il viaggio che gli astici canadesi compiono per arrivare ogni giorno a Trieste, mercato di riferimento anche per i vicini Balcani. Questi enormi gamberi di mare sono stati pescati ieri mattina in Canada e sono partiti in aereo per Milano da dove, in camion, sono giunti ieri sera a Chioggia. Da lì, viaggiando di notte, sono giunti intorno alle cinque di stamani a Trieste per essere venduti, ancora vivi, al mercato del pesce all'ingrosso ad acquirenti italiani, sloveni, croati, austriaci. Non ce ne stanno più di due in ciascuna cassetta bianca di polistirolo tanto sono grandi. Le chele, opportunamente immobilizzate, potrebbero spezzare il polso di un uomo. Ogni tanto un inserviente di passaggio li rimette al loro posto quando faticosamente e lentamente tentano di scappare. In Canada vengono tenuti in una sorta di cattività: in mare ma in aree chiuse dove vivono e si riproducono.

L'ordinato mercato del pesce di Trieste benché piccolo è un trafficato luogo internazionale, e non solo per quanto riguarda gli acquirenti: giungono qui le scarpene dal Marocco, il pesce persico dalla Tanzania, i branzini dell'Atlantico finiti nelle reti dei francesi e degli spagnoli, il salmone norvegese, le aquile del mare (una specie di grossa taglia simile a razze che non abita nel Mediterraneo). Ma allora di pesce fresco e locale non ce n'è? ci si potrebbe chiedere. C'è, invece, tutto il pesce fresco dello Adriatico - sarde, sardoni, rombi, branzini (più piccoli di quelli oceanici) prevalentemente tirato su dai pescatori sloveni e soprattutto croati che hanno nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia il mercato di riferimento con denominazione Ue, il cosiddetto bollo CE.

I pescatori triestini, invece, lavorano prevalentemente durante l'estate, pesce azzurro in particolare; complessivamente tuttavia il pescato locale non supera per quantità il 10 per cento del prodotto in vendita.

Come tutti i mercati del pesce, anche quello triestino lavora all'alba: intorno alle quattro arriva la responsabile, Patrizia Vitiello, fino alle 4,30 entra la merce, con i camion o - per i locali - con i pescherecci, le sacaleve (barche con lampare), che vengono ormeggiate all'esterno. Il pesce viene a mano a mano controllato dal punto di vista sanitario e dunque ha accesso alla vendita. Alle 5:15 Vitiello urla "dentro" e le circa 150 persone di varia nazionalità in attesa si riversano tra le cassette impilate. Comincia la contrattazione, si negozia con i tre commissionari. Alle 6:30 è tutto finito (in estate il mercato resta aperto più a lungo).

Il mercato triestino, gestito dal Comune, si trova da 12 anni in una sede provvisoria nella zona Scalo legnami, una cui ala è crollata molti mesi fa. Ha un giro di affari di circa 12 milioni di euro l'anno, che significa un incasso di 130 mila euro, a fronte di 300 mila di costi (di cui la metà soltanto per manutenzione).

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