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Kosovo: Haradinaj, Uck meriterebbe Premio Nobel per Libertà

Premier a Roma,spero che il Papa venga per i 20 anni fine guerra

23 maggio, 14:51
(di Cristiana Missori) (ANSA) - ROMA - In Kosovo ''sappiamo chi siamo, ci siamo battuti per la nostra liberta' e siamo fieri per questo.

Penso che ci meriteremmo il premio Nobel per la Liberta'. Spero soltanto che un giorno questo riconoscimento possa essere attribuito all'Uck. Io stesso mi candiderei per riceverlo''.

Cosi' il premier kosovaro, Ramush Haradinaj, che in un'intervista all'ANSA torna a ribadire il suo scetticismo nei confronti del Tribunale speciale istituito all'Aja nel 2015 per giudicare i crimini commessi dagli uomini dell'Uck (Esercito di liberazione del Kosovo, la guerriglia indipendentista albanese che combatte' contro i serbi a fine anni Novanta).

''E' soltanto uno dei cinque filtri giudiziari attraverso il quale il Paese e' gia' passato dopo Unmik (United Nations Interim Administration Mission in Kosovo), Tribunale penale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia, Eulex, e le corti locali'', ricorda il capo del governo di Pristina che non teme l'incriminazione. ''Sono passato due volte di li''' (assolto dall'accusa di aver commesso crimini di guerra in entrambi i casi dal Tpi nel 2008 e nel 2012, ndr). ''Il Tribunale speciale - aggiunge - e' stato creato al di fuori del Kosovo ed e' 'monoetnico', ovvero, difendera' solo crimini specifici e specifici responsabili, due aspetti da piu' parti criticati nel Paese''. Non e' possibile speculare su quanto potrebbe accadere, ''ma siamo pronti a tutto'' e ''rispetteremo le leggi nazionali e internazionali.

In questi giorni a Roma dove ha incontrato il segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, per poi essere ricevuto in udienza privata dal Papa, Haradinaj ha una missione: avvicinare il piccolo Paese balcanico alla Santa Sede, in attesa di un riconoscimento che a dieci anni dall'autoproclamata indipendenza non è ancora arrivato. ''A giugno del 2019 - ricorda - cadra' l'anniversario dei 20 anni dalla fine della guerra nella ex Jugoslavia. Due decadi di vita in pace, una data per noi molto importante. Il mio auspicio e' che in questa data papa Francesco possa visitare anche il Kosovo. Ne saremmo onorati''. Per l'apertura di relazioni diplomatiche ufficiali ci vorrà tempo, ammette. ''Nulla accadra' in un giorno, ma non penso che gli ostacoli siano molti''. Quello che serve è ''costruire una fiducia''. Sulla trasformazione delle Forze di sicurezza kosovare in Esercito, ribadisce, ''non dipende da altri. Per compiere una mossa del genere, tuttavia, servono la comprensione, la giusta atmosfera e la buona volontà da parte di tutti''. L'intento di Pristina, assicura, ''è quello di contribuire alla pace e alla sicurezza non soltanto regionale ma anche internazionale''. La strada è comunque lunga, avverte. Infine i rapporti con la Turchia, paiono ancora tesi. Dopo l'arresto avvenuto in Kosovo a fine marzo di sei cittadini turchi membri delle scuole legate a Fethullah Gulen. Sul recente comizio tenuto a Sarajevo - l'unico all'estero - del presidente turco Erdogan in vista delle elezioni anticipate del 24 giugno prossimo in Turchia, infatti, il premier kosovaro taglia corto: ''Non penso che la nostra popolazione sia molto interessata a quanto accade attorno". Il Kosovo, conclude, "resta concentrato sulle proprie sfide: lotta alla corruzione e criminalità, applicazione dello stato di diritto''. (ANSA).

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