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Sace, export 2016 verso Nuova Europa cresce a più velocità

Gruppo Cdp, bene Rep. Ceca, Slovacchia, Ucraina, Kosovo, Bosnia

27 febbraio, 19:14
(di Cristiana Missori) (ANSA) - ROMA - Un'area molto eterogenea dove la domanda di Made in Italy cresce a più velocità. Il 2016 è stato un anno in chiaro-scuro "in termini di rischi e opportunità" per l'export italiano verso i Paesi della Nuova Europa. A dirlo sono i dati Istat elaborati da Sace (Gruppo Cassa depositi e prestiti) relativi ai primi dieci mesi del 2016.

Se a fare la parte da leone sono sicuramente le vendite verso la Germania, che da 42,7 salgono a 43,9 miliardi, segnando un +3% e quelle verso l'Austria (+2%) - passate da 7,1 a 7,3 miliardi lo scorso anno - ad andare molto bene sono state le vendite verso la Repubblica Ceca (+6%), passate dai 4,2 miliardi registrati nei primi dieci mesi del 2015 ai 4,4 raggiunti nello stesso periodo del 2016 e quelle verso la Slovacchia (+6%), salite da 2,1 a 2,2 miliardi. A registrare una battuta d'arresto in questo "blocco di Paesi emergenti dell'Ue - commenta Alessandro Terzulli, capo economista in Sace - c'è la Polonia, con un -7%, passata da 5,8 miliardi dei primi dieci mesi del 2015 ai 5,4 miliardi dello stesso periodo del 2016". A non registrare una buona performance ci sono poi i Paesi del Partenariato orientale (Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldova, Ucraina e Bielorussia) se pur con qualche eccezione. "A pesare - fa notare Terzulli - è l'andamento dell'economia russa e le sue ripercussioni su quest'area". In primis la Bielorussia, che registra un -24%, passando dai 294,4 milioni dei primi dieci mesi del 2015 ai 222,9 dello stesso periodo del 2016. Un dato, avverte, "che mostra i contraccolpi della domanda russa in forte calo e quelli di una serie di problemi strutturali dell'economia bielorussa". Male anche l'export verso il mercato azero, con -63%, passato dai 597,5 ai 220,5 milioni. Una riduzione drastica della domanda di prodotti italiani dovuta "alla poca diversificazione dell'economia e al calo del prezzo degli idrocarburi". Male anche l'Armenia (-15%), "dove pesa il contesto politico del Nagorno-Karabakh che rappresenta un rischio politico ancora molto elevato". Bilancio positivo, invece, per le vendite verso l'Ucraina (+22%), passate da 736,1 milioni a oltre 896,4 e la Georgia (+37%), che raccoglie i frutti di un processo di riforme e di diversificazione della propria economia e la Moldova - un mercato dalle dimensioni ridotte - che ha però aumentato la sua domanda di Made in Italy, passando dai 165 milioni ai 170 milioni (+3%).

"Tra questi due estremi geografici - prosegue Terzulli - ci sono i Balcani, con alcuni Paesi quali il Kosovo (che registra un aumento del 12%, passando da 65,4 milioni a 73,5 milioni) - e la Bosnia Erzegovina (con un +3%, passata da 525,9 a 542,7 milioni) - dove malgrado i risultati positivi, pesano ancora il clima politico e il contesto operativo complesso (costo del lavoro, manodopera, regime di tassazione, corruzione burocrazia)". E quelli come la Croazia (-4%, calata dai 2,2 miliardi ai 2,1 miliardi) e la Slovenia (-4%, passata da 3,1 miliardi a 3 miliardi lo scorso anno)", che invece hanno registrato riduzioni importanti. (ANSA).

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