Emozione, al Liceo 'Cuoco-Manuppella'
di Isernia, dove è intervenuta Giorgia Benusiglio, la 34
milanese che nel '99 subì un trapianto di fegato dopo aver
assunto ecstasy in discoteca. L'incontro si è svolto nell'ambito
un progetto didattico dal titolo: "La Paura una risorsa per
l'essere". "Prima di fare una determinata scelta pensate a me"
- ha detto Giorgia ai 300 ragazzi coinvolti nel progetto.
"Pensate - ha incalzato - sarei in grado di affrontare 17 ore di
intervento? E quando vi lamenterete vi diranno: dai che non è
niente, potevi morire. Sareste in grado di vincere il senso di
colpa nei confronti dei vostri genitori? Di vederli, per la
prima volta, piccoli e impotenti di fronte a un prete che per
due volte vi somministra l'estrema unzione. Sareste in grado di
vivere perché una ragazza è morta e voi avete il suo fegato?
All'inizio volevo tornare indietro, ma non siamo in un film. Per
questo ho cercato di dare un senso alla mia vita incontrando voi
studenti".
Un impegno che Giorgia si era assunta durante i lunghi mesi
in rianimazione al Niguarda di Milano. Lo aveva detto al padre,
però una volta dimessa aveva cambiato idea e non avrebbe
dedicato la sua esistenza agli altri se il padre non fosse sceso
in campo, prima di lei, ricordandole che non era più una
qualunque perché poteva evitare a tanti giovani il suo calvario.
"Mio padre - ha raccontato Giorgia - cominciò a girare per le
scuole. Una, due tre, e io dicevo sempre no. Poi un giorno ho
sentito il mio rifiuto come un tradimento a me stessa e sono
andata". Ai molti genitori presenti all'incontro, Giorgia ha
voluto mostrare un video che contiene la lettera indirizzata dal
padre, che ora non c'è più, ai genitori di tutti gli
adolescenti. Una lettera che lui scrisse a una settimana dal
trapianto della figlia e in cui si chiede: "Sono stato un buon
padre finora? Un rompicapo che non ha soluzioni. Sono un padre e
basta. E sono qui, disarmato davanti alla vita che mi attacca
come ogni padre".
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