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La barca del Progetto Mediterranea collega Libano e Israele

Prosegue il suo viaggio nel Mediterraneo

15 maggio, 15:43
Progetto Mediterranea Progetto Mediterranea

 (di Lorenzo Trombetta) (ANSAmed) - BEIRUT, 15 MAG - Attraversare i muri culturali che separano le regioni del Mediterraneo e riunire, anche solo simbolicamente, comunità divise, paralizzate dalla paura del confronto: è uno degli ambiziosi obiettivi di un equipaggio di tenaci e visionari marinai italiani che da tre anni e per i prossimi due anni solcano e solcheranno in lungo e in largo il Mediterraneo a bordo di un ketch di 18 metri. "Progetto Mediterranea" (progettomediterranea.com) è nato nel 2014 dall'iniziativa di Simone Perotti assieme a Francesca Piro, Giuliana Rogano. A loro si sono uniti decine di sostenitori "mediterranei". A bordo, tra l'altro, si svolge un progetto scientifico di studio del mare in accordo con università e centri di ricerca italiani a stranieri. ANSAmed ha incontrato "Progetto Mediterranea" nel porto di Beirut. Provenivano da Cipro. Dopo il Libano si sono diretti verso Israele. I due paesi sono formalmente in guerra dalla loro nascita circa settant'anni fa. Vietati sono i contatti politici e istituzionali tra i due paesi, e sono scarsissimi quelli culturali e intellettuali tra le due comunità. Attraverso questo muro è passato invece "Progetto Mediterranea" e, per e-mail, ANSAmed ha interpellato il comandante dell'equipaggio, Simone Perotti, quando l'imbarcazione era arrivata dall'altra parte, a Tel Aviv. "Siamo credo la prima barca da diporto che abbia percorso il tratto diretto tra Libano e Israele in tempi recenti", afferma Perotti. "Non è stato semplice, ma unire con la nostra rotta questi due paesi ci ha profondamente inorgogliti. È servito coraggio e tenacia". In ogni porto, "Progetto Mediterranea" si apre alla gente comune, alla società civile e agli intellettuali del luogo. Così hanno fatto Perotti e gli altri marinai a Beirut e a Tel Aviv. Riscontrando, ancora una volta, che "la politica è destinata ad arrivare sempre ultima, a ratificare ciò che la società civile ha invece il dovere di impostare per prima". Secondo Progetto Mediterranea, "è notevole la distanza culturale e sociale tra libanesi e israeliani". In Israele, scrive Perotti, "la società è pluralista ma riunita in blocco intorno allo Stato ebraico con tutta la sua storia e le attuali prospettive. Non manca il dissenso verso il governo, che anzi, soprattutto a Tel Aviv è palpabile, in particolare nell'intellighenzia e nei ceti medio alti. Ma prevale la coesione sulle emergenze e sui grandi fatti di salvaguardia dell'indipendenza dello stato e della sicurezza nazionale". In Libano invece "l'esperimento sociale della convivenza è di tutt'altra natura. La mancanza di un ceppo unitario, sia progettuale sia religioso sia eventualmente riunito attorno a una maggioranza, che non c'è, impedisce qualsiasi forma di unitarietà". Nonostante le divisioni interne in Israele, Perotti afferma di aver "visto una società sobria, sostanzialmente sana, dedita fin troppo al lavoro e alla produzione. Israele è una società tecnocratica, finalizzata, pragmatica. Permane una certa confusione tra stato laico e influenza dei precetti religiosi, ma mi pare questo un elemento soggetto a una certa graduale e forse rapida evoluzione". Nel paese dei Cedri "la società mi è parsa alla ricerca di una identità socio-economico-culturale ancora di là da venire, con la prevalenza per un capitalismo consumista abbastanza sfrenato, enormi problemi ambientali, scarsa progettazione innovativa". In questo, scrive, "il senso dello stato c'è soprattutto in chiave 'anti' più che in quella 'pro', mi pare venga vissuta da ognuno in modo diverso. La parte positiva del Libano, prosegue Perotti, è che "un paese così affetto da squilibri, guerre, disuguaglianze, non cede alle tentazioni estremiste e cerca con fatica la propria strada democratica".

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