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Ccie, Giampieri, rete forte e necessaria

Ccie, Giampieri, rete forte e necessaria

Conclusa ad Ancona Convention mondiale, focus su mercati

ANCONA, 21 ottobre 2014, 17:52

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"L'organizzazione della Convention mondiale delle Camere di commercio italiane all'estero, per la prima volta nelle Marche, ha rappresentato un grande sfida che ci lascia convinti di aver svolto un buon lavoro". Così il presidente della Camera di Commercio di Ancona Rodolfo Giampieri al termine della quattro giorni che ha visto confrontarsi i delegati del sistema camerale all'estero con gli imprenditori e le istituzioni.
    Il successo dell'iniziativa "è stata la prova sul campo - ha aggiunto Giampieri - di una convinzione: quella del sistema camerale è una rete forte, efficace, necessaria, davvero al servizio dello sviluppo dei territori. E questo perché i territori li conosciamo bene e siamo in grado di accompagnare per mano le imprese, anche le micro, che non potrebbero cogliere certe opportunità, di cucire per loro quasi sartorialmente progetti di approccio ai mercati esteri più confacenti alle caratteristiche di ognuno di loro. E consapevoli della necessità di partire dai territori per arrivare in Europa e nel mondo, giovedì saremo a Roma con Unioncamere e Assocamerestero per la presentazione ufficiale del documento di sistema in tema di internazionalizzazione".
    "Oggi più che mai, con un mercato interno praticamente fermo, è necessario supportare le imprese per accompagnarle verso i mercati esteri in un percorso di internazionalizzazione dove individuare nuovi acquirenti, nuovi partner, scegliendo anche la strada più adatta per ogni specifico mercato", ha sottolineato il presidente dell'Azienda Speciale per l'internazionalizzazione Marchet Giorgio Cataldi. "Tutto il sistema camerale crede che l'internazionalizzazione parta dai tanti e così differenti territori del nostro Paese e da lì arrivi all'estero: per questo, in sinergia con il sistema delle regioni e delle strutture governative deputate, nella logica indicata dal criterio di delega della necessità di evitare sovrapposizioni, le Camere di commercio rappresentano, attraverso la propria rete locale, lo 'sportello d'ingresso' per le pmi che vogliono esportare e aprirsi ai mercati globali".
    "Il nostro grande lavoro - ha rimarcato il segretario della Ccia di Ancona Michele De Vita - è stare vicini alle pmi, che tra le tante leve di sviluppo hanno l'internazionalizzazione. Ma se questa venisse, come nelle previsioni di alcuni, centralizzata a livello ministeriale o dell'Ice centrale, rischieremmo di perdere proprio quel contatto essenziale con le pmi. E' giusto che ci sia da parte del Governo l'indirizzo e l'organizzazione delle grandi missioni governative, ma attenzione, perché a quelle missioni partecipa un numero limitato di imprese e normalmente di grandi dimensioni.  Taglieremmo fuori la miriade di pmi che costituisce l'ossatura del sistema imprenditoriale italiano, perché sono il 98%".
   
Convention dai grandi numeri - Grandi numeri per la Convention mondiale delle Camere di commercio. Una maratona che ha coinvolto 270 aziende protagoniste di 930 incontri con i 160 rappresentanti delle 75 (su 81) Ccie presenti in 55 Paesi del mondo. Ai 65 tavoli dei BtoB, i Paesi più 'gettonati' dalle imprese sono stati Usa e Canada; Cina, Giappone e Corea; Tunisia; Emirati Arabi e, per l'Europa, Germania e Regno Unito. Tra le aree più interessanti, quella asiatica, in cui - fa notare Michele D'Ercole, della Camera di commercio italiana in Vietnam, "la maggior dei paesi rappresentati ha il Pil in crescita". Entro il 2015, poi, la roadmap dei Paesi Asean prevede di realizzare la piena unione doganale. In 10 paesi del sud est asiatico "comincerà un rapporto di libero scambio, quindi ci saranno ulteriori vantaggi per le aziende italiane che intendono vendere i loro prodotti lì". "Quello che suggeriamo - seguita D'Ercole - non è la delocalizzazione, ma arrivare in quella parte del mondo o per vendere i propri prodotti o, per chi vuole produrre, cercare di avvicinarsi ai mercati di sbocco, quindi guadagnare ulteriori quote di mercato che sarebbe difficile coprire con aziende che sono fisicamente localizzate in Italia. Le aziende possono collocarsi specialmente in alcuni paesi come il Vietnam, che ha costi produzione molto bassi, o l'Indonesia, che è abbastanza competitiva da questo punto di vista. L'India merita un discorso a parte, perché purtroppo negli ultimi due anni abbiamo avuto problemi con la diplomazia e anche questo ha influenzato molto le attività commerciali dell'Italia verso quel paese, dove la nostra Camera di commercio ha ridotto del 30% il fatturato dal 2013 al 2014. Però indubbiamente l'India rappresenta opportunità per infrastrutture e impianti perché è un paese che deve costruire, come il Vietnam, dove le infrastrutture sono molto importanti, anche se il Paese non è molto ricco per cui le aziende che vogliono venire devono avere una certa solidità finanziaria. L'Asia è un mercato potenziale dove si può vendere tutta la tipologia dei nostri prodotti. C'è fame di made in Italy anche qui". L'Italia che può invece affermarsi negli Usa - è emerso dal focus sui mercati - è quella delle eccellenze, dalla nautica da diporto all'arredo casa e design, al food and wine; in Canada i settori hi tech, la farmaceutica, le apparecchiature medicali, i settori legati alla salute e alla sostenibilità ambientale, agroalimentare, prodotti biologici, piatti pronti di alta qualità. E infine l'edilizia: a Toronto, ha riferito il delegato, ci sono ben 148 cantieri aperti. Area d'interesse anche la Tunisia, che, rileva la segretaria generale della Chambre Tuniso-Italienne de Commerce ed d'Industrie Nora Serrani, "sta crescendo a un ritmo incrementale e le aziende italiane non sono presenti qui solo a livello di internazionalizzazione 'passiva', di export, ma anche produttivo. L'Italia - ricorda - è il secondo partner commerciale della Tunisia, sia in entrata che in uscita, il primo è l'Ue. Siamo molto importanti come hub per tutta l'Africa subsahariana e non per il Maghreb, siamo a un'ora e mezza di volo e ci sono incentivi fiscali interessanti per le aziende. Quindi sì, la Tunisia è ancora un paese in cui c'è da fare".

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