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Traini e la 'caccia al nero' a Macerata

Convalidato arresto, 28enne fuori isolamento 'sono a casa mia'

"Sono vicino a Pamela e sua madre". Durante la convalida dell'arresto in carcere ad Ancona per l'accusa di strage aggravata dall'odio razziale, Luca Traini, autore della 'caccia al nero' a colpi di pistola per le strade di Macerata, è rimasto in silenzio davanti al gip di Macerata Domenico Potetti. Poi, sempre assistito dal legale Giancarlo Giulianelli, per oltre un'ora e mezza si è fatto interrogare dal pm Stefania Ciccioli: ha espresso un pensiero alla famiglia di di Pamela Mastropietro, la 18enne romana trovata a pezzi dentro due trolley nelle campagne maceratesi. E' la molla che lo ha fatto "sbroccare", ha ripetuto al pm, a indurlo a vendicarsi di africani come il suo presunto aguzzino Innocent Oseghale, il nigeriano arrestato per occultamento e vilipendio di cadavere.

Da ieri il 28enne di Tolentino non è più nella sezione per detenuti in isolamento del carcere di Montacuto dove si è tenuta l'udienza di convalida e dove si trova anche Oseghale. Una misura forse di carattere precauzionale. "Io sto bene, qui sono a casa mia", ha ribadito Traini al suo difensore. Il gip ha convalidato l'arresto e confermato la custodia in carcere per strage aggravata ma non per il tentato omicidio plurimo, contestato ma ritenuto assorbito nell'altro addebito. b L'interrogatorio, che avrà valore nel futuro dibattimento, ha spiegato il difensore, è servito anche a "chiarire alcuni particolari" sulla sparatoria in cui sono rimaste ferite almeno sei persone, come il fatto che "Luca non voleva ferire Jennifer" la nigeriana colpita vicino alla stazione. "Traini non sapeva di aver colpito la ragazza, gli dispiace di averla ferita, non voleva farlo". Per il resto, "nessun pentimento, non ha chiesto scusa" per ciò che ha fatto. Solo "un pensiero di vicinanza a Pamela e a sua madre". Traini ha ricordato "di aver portato un cero dove è stato trovato il corpo". La difesa di punta sull'infermità mentale: chiederà una perizia psichiatrica. Due vicende ormai legate a doppio filo: il dramma di Pamela, morta per overdose o uccisa dopo che si era allontanata dalla comunità di recupero Pars di Corridonia e poi fatta a pezzi, e la sparatoria, ha detto Traini, messa in atto "per vendicarla".

Tanto che in un primo momento il 28enne avrebbe pensato di uccidere Oseghale, aveva riferito il Procuratore di Macerata Giovanni Giorgio. L'avvocato Giulianelli però ha continuato a negare questa circostanza, osservando che vi sarabbe stata una "interpretazione errata" delle frasi dette dal suo assistito. L'arresto del nigeriano era stato convalidato per i reati di occultamento e vilipendio di cadavere ma non per l'omicidio, accusa che la Procura continua però a contestare. "Pamela ha avuto un'overdose e io sono scappato" è la sua versione dei fatti. Intanto un altro nigeriano è indagato per aver ceduto eroina a Pamela: per lui l'accusa potrebbe aggravarsi in morte in conseguenza di altro reato. Decisivi saranno i responsi definitivi dell'autopsia e degli esami tossicologici affidati al professor Rino Froldi. Le condizioni del corpo, da cui mancavano alcune parti, non hanno permesso finora di capire com'è morta Pamela. I risultati potrebbero mutare il corso del procedimento. Intanto a Macerata, una fiaccolata chiede giustizia per Pamela: in prima fila c'è la mamma Alessandra Verni

IL VIDEO DELLA SPARATORIA - DA CRONACHE MARCHIGIANE

IL RAID - Tutto è cominciato alle 11 del mattino: Luca Traini, 28 anni di Tolentino, incensurato, un passato su posizioni di estrema destra e candidato nel 2017 per la Lega al consiglio comunale di Corridonia, sale sull'auto e parte per la sua missione.ccidere quanti più stranieri possibile. Agisce da solo: al momento gli investigatori non hanno trovato nulla che possa far pensare ad un'azione organizzata con altri soggetti. Se a spingerlo sia stata proprio la morte di Pamela lo diranno le indagini; quel che è certo è che tra i due non c'era alcun legame, così come nessuno dei sei stranieri feriti aveva in qualche modo avuto a che fare con lui: bersagli scelti a caso. I primi sono stati colpiti in via dei Velini. Poi, ad allarme era già scattato, Traini ha fatto in tempo a sparare ancora in via Spalato, vicino alla casa dove viveva il presunto assassino di Pamela, contro il portone della sede del Pd, e in corso Cairoli. Svuota due caricatori interi, quasi una trentina di proiettili, con la sua pistola semiautomatica e regolarmente detenuta: è un miracolo che non sia morto nessuno. Quando è stato bloccato ha fatto il saluto fascista.

I colpi in particolare sono stati esplosi in via Cairoli, in via Spalato e anche in via dei Velini, zone toccate dalle indagini per il caso di Pamela Mastropietro.

Le prime immagini dei soccorsi (VIDEO)

La dichiarazione del premier Gentiloni

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