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Turismo montagna Marche rischia ko

Turismo montagna Marche rischia ko

Operatori, 'eravamo pieni di stranieri, hanno tutti disdetto'

MONTEMONACO (ASCOLI), 01 settembre 2016, 15:15

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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C'è una montagna - bellissima e famosa, col Parco dei Sibillini in mezzo - in ginocchio, un turismo azzerato, un settore agroalimentare di alta qualità da rimettere in piedi il prima possibile. Da Arquata del Tronto in sù più passa il tempo più le Marche scoprono di essere state colpite in modo massiccio e all'inizio inaspettato dal sisma del 24 agosto. Per un raggio di 50 km dall'epicentro tre province e 60 comuni (parola del presidente della Regione Ceriscioli), si contano i danni. Ad essere colpita è ''l'ultima economia possibile in quei luoghi'', la qualità del territorio, la natura: ''Dopo la scossa delle 3:36 la montagna ha continuato a franare, spaccarsi, era un frastuono incredibile'', racconta Anna Rita, la titolare del famoso Rifugio di Altino di Montemonaco (Ascoli Piceno). Un peccato. ''Eravamo pieni fino a tutto settembre, specie stranieri: alle 8 del mattino del 24 tutti hanno disdetto. Li capisco pure. Ma questa scossa ha dato il colpo di grazia al turismo, prima economia della nostra montagna, il Vettore e la Sibilla''. Turismo e agroalimentare sono i due pilastri di dieci comuni a cavallo di tre province. ''A Ferragosto c'erano 200 romani in queste case, ora siamo rimasti in 8 - racconta l'allevatore di pecore Stefano Angeli da Gabbiano, frazione di Pieve Torina (Macerata) - la stalla mi è crollata come nel terremoto del 1997, ma solo in parte, grazie ai lavori di miglioria, altrimenti avrei perso anche le pecore. Però casa mia grazie ai lavori ha resistito, se no finiva come ad Amatrice, così come tutte le case di Gabbiano. Siamo salvi, ma ora dobbiamo tornare a lavorare: qui fa freddo fra un pò, ci servono i container non le tende''. Ma la forza della scossa è arrivata anche molto più a nord, a Tolentino (Macerata). Quaranta milioni di api ferme. Il lavoro di generazioni finito sotto le macerie del tetto della ex Chiesa della Pace, luogo sconsacrato sì, ma eletto a laboratorio di uno delle più importanti aziende di miele della provincia. La Premiata Apicoltura Sileoni, a 50 chilometri da Arquata del Tronto e a 80 dall'epicentro, è fisicamente a terra. E' una azienda leader che rifornisce la grande distribuzione e ha 800 famiglie di api, più o meno 40 mln di esemplari al lavoro in queste ore: ma purtroppo ora non si può raccogliere nessun miele, perché tutti i macchinari ''sono sotto un metro e mezzo di mattoni della volta a botte crollata - racconta il titolare Bruno D'Innocenzo - le scorte, i barattoli, tutto là sotto. E' una vecchia chiesa del 1550, era privata, di famiglia. Ora mi devo sbrigare a riprendere a lavorare perché sapete com'è il commercio: spietato. La chiamano concorrenza sapete? Qualcuno li chiama avvoltoi''.

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