"Io non vorrei non concludere
niente per aver cercato troppo, questo è il pericolo. Più che il
pericolo, direi, la mia disposizione, il mio carattere, la mia
natura" confessava Remo Bianco, artista milanese sempre in
anticipo sui tempi e per questo inclassificabile, cui il Museo
del Novecento dedica la mostra 'Le impronte della memoria',
aperta da domani al 6 ottobre.
L'esposizione presenta oltre 80 opere dell'artista, che si
formò nella Milano del boom economico. Dall'incontro con de
Pisis, che lo guida verso la pittura francese, al viaggio in
America che gli fa incontrare Pollock e l'Espressionismo
astratto; dalla frequentazione della Galleria del Naviglio, dove
si lega a Carlo e a Renato Cardazzo, a Lucio Fontana, ai giovani
spazialisti e agli esponenti del movimento nucleare alla
conoscenza di Pierre Restany, mentore del Nouveau Réalisme,
Bianco si è trovato sempre al centro dei contesti più stimolanti
degli anni 50 e 60, ma la sua è stata una vita da "ricercatore
solitario".
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