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Contro il Pirellone l'incubo dell'11/9

Il 18 aprile 2002 un aereo si schiantò contro un grattacielo, primo pensiero fu terrorismo

A Milano la paura e' arrivata alle 17,47 del 18 aprile 2002, direttamente da New York, e per quasi un' ora il mondo ha pensato ad un attacco di Al Qaida: un aereo schiantato su un grattacielo, il Pirellone, la gente intrappolata negli ascensori, l'edificio in parte sventrato, le comunicazioni telefoniche interrotte, il fumo, le fiamme, i morti, i feriti, ma soprattutto il terrore che qualcosa di 'gia' visto' 7 mesi prima si fosse all'improvviso ripetuto.

Tutti all'inizio l'hanno creduto, tutto ha fatto pensare ad un nuovo attentato. Ma era un incidente o, come ancora si sospetta, il folle suicidio del pilota di un aereo leggero. Immediatamente, e per circa mezz'ora, quel pomeriggio, scattano i meccanismi di difesa aerea, e in ogni angolo della citta' vengono rafforzati dispositivi e sistemi di sicurezza, il consolato americano a Milano e' subito evacuato. Il sindaco e il presidente della Regione sono all' estero, impegnati in viaggi istituzionali. Albertini in Canada, Formigoni in India. Entrambi, prima allibiti davanti alle immagini della Cnn che per oltre due ore non interrompe la diretta nemmeno per trasmettere i messaggi pubblicitari, rientrano precipitosamente a Milano.

''Credo che chiunque, apprendendo la notizia - dichiara il presidente lombardo, ancora da Bombay - abbia pensato la stessa cosa che ho pensato io''. Ogni particolare, nei primi momenti, e' parte di un incubo. Primo: l'aereo, un Air Commander RC 112 TC, decollato da Locarno, in Svizzera, ha centrato con precisione geometrica il 26/o piano del grattacielo: si e' infilato tra i due grandi piloni verticali e fra pavimento e soffitto, dando la netta impressione che l'uomo ai comandi (Gino Fasulo, 66 anni, imprenditore e pilota professionale italo-svizzero) abbia preso la mira.

Secondo: anche il Pirellone, come le Torri per New York, e' uno dei simboli della citta', di certo il grattacielo piu' alto: difficile, quindi, pensare ad un impatto casuale, ad un aereo in difficolta' che si schianta, per gioco del destino, proprio su quell'edificio. All'ipotesi del suicidio nessuno crede nelle prime ore (e molti continueranno a non crederci). E la tv fa il resto: le immagini dei piani alti del grattacielo, avvolti dal fumo, con il rumore degli elicotteri e le migliaia di persone in strada con lo sguardo rivolto verso l'alto, riportano in una frazione di secondo alla mente lo spettro dell' 11 settembre. Per 50 minuti Milano e New York sono vicinissime.

Il primo, unico pensiero di tutti e' concentrato nelle parole di un signore fermo sotto il grattacielo, che non crede ai suoi occhi ma che non ha dubbi: ''Altro che disgrazia - ripete scuotendo la testa -, questi qui li ha mandati Bin Laden...''. Di certo il presidente del Senato, Marcello Pera, circa 20 minuti dopo l'incidente interviene a Palazzo Madama, lasciando senza parole il mondo intero: ''Attualmente ho conferma che con molta probabilita' si tratta di un attentato''. Un quarto dopo, l'allora ministro dell' Interno, Claudio Scajola, ipotizza una versione differente (''potrebbe essere un incidente'') e lo stesso Pera corregge il tiro dopo alcuni minuti fornendo ai senatori un chiarimento nella stessa direzione. In serata, poi, ecco la voce del procuratore della Repubblica Gerardo D'Ambrosio: ''Non c'e' nessun elemento che possa far pensare a un attentato. Nella disgrazia, c'e' un sospiro di sollievo''. Il giorno dopo il ministro per le Infrastrutture, Pietro Lunardi, cancella ogni ombra: ''E' escluso che sia un atto di terrorismo. Un terrorista si sarebbe imbottito di esplosivo e avrebbe scelto un momento in cui il Pirellone era piu' affollato''. Alle 17.47 invece la maggior parte dei dipendenti era gia' uscita dagli uffici. Alle loro scrivanie, in straordinario, al 26/o piano erano rimaste due avvocatesse, travolte e uccise dall'aereo 'impazzito' di Gino Fasulo.

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