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Bimbo di due mesi abbandonato alla Mangiagalli di Milano

Nella Culla per la Vita, è il secondo dopo caso del 2012

Alle 16 e 30, per la seconda volta nella storia della Culla per la vita della clinica Mangiagalli, che fa parte del complesso del Policlinico di Milano, è suonato l'allarme. Il primario di Neonatalogia e di Terapia intensiva, Fabio Mosca, che ha lo studio vicino, è andato nella stanza e, nell'incubatrice, posto attraverso quella che rappresenta la versione moderna della 'Ruota degli esposti', l'ha trovato: due mesi, maschio, con dei tratti orientali. Pesa quasi sei chili e la madre, accanto, aveva lasciato un biglietto con la data di nascita, 20 novembre del 2015, un foglio con vaccinazioni a cui è stato sottoposto e l'etichetta della marca di latte con cui l'ha nutrito. "A dimostrazione che la scelta di separarsene è stata dolorosa perché non è più stata in grado di occuparsene", ha commenta il medico. Al piccolo è stato dato il nome di Giovanni ("come mio figlio, spiega Mosca) in attesa delle decisioni del Tribunale dei minori sull'adottabilità. La Culla per la Vita fu istituita nel 2007 per accogliere in ospedale bimbi che le madri non avrebbero voluto o potuto accudire; il primo bimbo arrivò nel 2012. 'Mario' aveva una settimana di vita e così fu chiamato in onore di Santa Maria Goretti, della quale era la ricorrenza. Era vestito con una tutina azzurra e accanto aveva un biberon contenente latte materno. Alla Mangiagalli, sin dai giorni successivi, arrivarono decine di telefonate per chiederlo in adozione, anche se ad occuparsi di questo aspetto è il Tribunale dei minori. Due vicende a lieto fine a fronte di quella tragica che invece è accaduta nel Modenese: a Fiorano Modenese è stato trovato senza vita in un cassonetto dell'immondizia il feto partorito da una donna nigeriana di poco più di venti anni che era stata portata da due persone al Policlinico di Modena, ancora sanguinante dopo il parto. Le indagini coordinate dal pm Luca Guerzoni hanno portato la squadra Mobile della polizia a recuperare il corpicino nella notte nella frazione di Spezzano. Non è ancora chiaro cosa sia avvenuto prima del ricovero della giovane, che in ospedale ha dichiarato di aver partorito il feto già morto prematuramente, al quinto o sesto mese di gravidanza. La legge italiana, si ricorda sempre in casi come questi, consente alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell'Ospedale dove è nato affinché sia assicurata l'assistenza e anche la sua tutela giuridica. Il nome della madre rimane per sempre segreto e nell'atto di nascita del bambino viene scritto "nato da donna che non consente di essere nominata".

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