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Lombardia, linea dura su burqa e niqab. Orlando: "basta inventare leggi nuove per propaganda"

Cambia regolamento accessi in strutture regionali e ospedali

(di Alessandro Franzi) 

Dal primo gennaio a chiunque si presentasse in un ufficio regionale della Lombardia o anche in ospedale indossando un burqa o un niqab, abiti tradizionali per alcune donne musulmane, dovrà essere impedito di entrare. La Giunta di centrodestra guidata dal leghista Roberto Maroni ha approvato nella riunione di stamani le annunciate modifiche al regolamento per l'accesso agli edifici di propria competenza, che recepiscono di fatto la legge nazionale che già vieta di girare con il volto coperto nei luoghi pubblici. Averlo scritto ha un significato soprattutto politico: il centrodestra, ma in particolare la Lega Nord, collega il divieto con la necessità di sicurezza dopo gli attentati jihadisti a Parigi.

L'assessore leghista alla Sicurezza, Simona Bordonali, ha detto che le strutture sono tenute ad adeguarsi entro il 31 dicembre: "Sono vietati burqa, niqab, così come passamontagna e caschi integrali". In realtà il Carroccio vorrebbe di più, anche se il prefetto di Milano, Alessandro Marangoni, si è mostrato prudente su questo genere di provvedimenti, convinto che "la religione non deve essere confusa con la sicurezza", anche se "è comunque un problema che verrà trattato nelle sedi opportune". Il segretario lombardo Paolo Grimoldi chiede una legge che vieti espressamente i copricapo islamici a livello nazionale. Il Governo ha liquidato la questione per bocca del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, interpellato a margine di un incontro per le primarie a Varese: "Siccome c'è la legge, non si avverte l'esigenza di inventarsene di nuove, che appaiono di sapore simbolico-propagandistico. Noi dobbiamo rispondere con la capacità di assicurare sicurezza e di far rispettare le leggi del nostro Paese". Alcuni presidenti di Regione di centrosinistra hanno criticato la scelta della Giunta Maroni, che secondo il governatore della Calabria, Mario Oliverio, per esempio "ripropone una cultura della non accoglienza sbagliata". "In Umbria negli ultimi anni - ha detto la presidente Catiuscia Marini - abbiamo strutturato i servizi sanitari proprio affinchè si tenga conto delle donne che hanno culture e religioni diverse dalla nostra". Il presidente della Liguria, Giovanni Toti, di Forza Italia, condivide invece la scelta degli alleati lombardi: "C'è una legge dello Stato che è bene far rispettare - ha detto il consigliere politico di Silvio Berlusconi - e la decisione della Giunta Maroni va in quella giusta direzione". "C'entra la sicurezza, non la religione", ha chiosato proprio Maroni a fine giornata. L'ex leader della Lega ha confermato che non retrocederà, soprattutto di fronte a quelle che definisce "le solite reazioni ipocrite dalla solita sinistra ipocrita". E il suo assessore alla Cultura, Cristina Cappelli, è tornata a chiedere che i divieti vengano ora estesi anche ai luoghi d'arte. (ANSA).

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