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Garlasco, difesa 'nessuna prova'

Garlasco, difesa 'nessuna prova'

Legali cercano di smontare ipotesi accusa in appello bis

MILANO, 03 dicembre 2014, 20:34

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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''Anche noi vogliamo giustizia ma non sulla testa di Alberto Stasi. Non ci sono prove e quindi va assolto per non aver commesso il fatto". Così il professor Angelo Giarda ha sintetizzato le oltre nove ore di arringa che lui e il pool di avvocati della difesa hanno svolto al processo di appello bis in corso a Milano in cui l'ex studente bocconiano è imputato per l'omicidio di Chiara Poggi, l'allora sua fidanzata uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007 e nei confronti del quale il pg ha chiesto 30 anni di carcere.

Mecoledì, infatti, nella maxi aula del Palazzo di Giustizia dove il dibattimento con rito abbreviato, e quindi a porte chiuse, sta arrivando alle battute finali - il prossimo 17 dicembre è attesa la sentenza - hanno preso la parola i difensori (quattro in tutto) del commercialista alternandosi nella discussione. E quindi, prima di chiedere l'assoluzione, gli avvocati di Stasi, con slide e consulenze alla mano, hanno cercato di smontare una dopo l'altra le ipotesi dell'accusa e, davanti alla prima corte d'Assise d'appello, presieduta da Barbara Bellerio, di 'azzerare' quei "gravi indizi, precisi e concordanti", messi in luice dal pg e dalla parte civile, a carico del giovane.

Indizi già indicati dalla Cassazione nella sentenza con cui oltre un anno fa è stato annullato con rinvio il verdetto di assoluzione di secondo grado e ai quali se ne sono aggiunti altri indicati dalla pubblica accusa e dagli avvocati dei Poggi durante il nuovo processo nel quale è stato riaperto il caso e disposto un supplemento istruttorio. Da quanto è trapelato i difensori, che come in passato avrebbero parlato di "indagini a senso unico", hanno tra l'altro contestato l'esito della recente perizia sulla cosidetta camminata di Alberto, sostendo al contrario, come fosse possibile che il giovane, il giorno in cui trovà il corpo senza vita di Chiara, non si fosse sporcato le scarpe.

Oltre a ritenere valida la teoria dell'"evitamento implitico" delle macchie di sangue, avrebbero nuovamente spiegato che, essendo il sangue essiccato e le scarpe consegnate ai carabinieri la mattina dopo, le suole si sarebbero "ripulite" e le tracce ematiche disperse in quanto Alberto aveva camminato sull'erba e sul vialetto della villetta di via Pascoli. Riguardo alla bici, uno degli elementi centrali del caso in quanto, avrebbero affermato che quella usata dall'assassino non è stata individuata in quanto tutte quelle nella disponibilità degli Stasi non corrispondono nei dettagli alla descrizione di Franca Bermani, l'anziana che per prima raccontò di averne vista una nera da donna appoggiata al muretto della casa dei Poggi la mattina dell'omicidio.

In più l'ipotesi della sostituzione dei pedali (quelli sui quali è stato rintracciato il Dna della vittima) della bici bordeaux Umberto Dei Milano - dalle ultime testimonianze è emerso che non aveva quelli originali - a loro avviso non sta in piedi ("perchè non sbarazzarsi di tutto, bici con pedali?") e i presunti graffi sull'avambraccio di Alberto notati da due carabinieri della stazione di Garlasco nell'immediatezza dell'assassinio per la difesa sono una "invenzione". Infine, i legali hanno anche sostenuto che le impronte digitali di Stasi sul dispenser del bagno c'erano fin da prima, frequantando lui la villetta, e che sulle unghie di Chiara è stato rintracciato, con i recenti esami genetici, anche Dna diverso da quello di Stasi. Il pg, intanto, ha depositato tre memorie, nella quali ha cristallizzato gli elementi d'accusa. Si ritorna in aula il prossimo 17 dicembre per la sentenza.

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