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'Pareggite' Inzaghi, quel che Berlusconi non vuole

'Pareggite' Inzaghi, quel che Berlusconi non vuole

Dopo avvio show una sconfitta, due pari e stoccate presidente

30 settembre 2014, 05:57

Redazione ANSA

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Più di un passo indietro per il Milan e per il suo tecnico. L'effetto Inzaghi che si era visto nelle prime due vittorie spettacolo con Lazio e Parma, è andato scemando. È stato promosso dalla Primavera, sponsorizzato da Galliani, legato affettivamente con un rapporto personale al presidente Berlusconi e in pochi giorni è riuscito a riportare l'entusiasmo nella Milano rossonera. Ma dopo il ko con la Juventus qualcosa si è bloccato.

   Il campione che ha regalato a suon di gol scudetti e Champions deve fare i conti con la dura legge del calcio e dei numeri. Perché quando si tolgono gli scarpini e ci si siede su una delle panchine più importanti della Serie A, contano solo i punti. E se la sconfitta con la Juventus poteva essere accettata, valutando il bicchiere mezzo pieno dopo l'1-0 frutto di una magia della coppia Pogba-Tevez, i due pari con Empoli e Cesena sono il sentore di un problema profondo. Perdere con la prima della classe è preventivabile.

   Lasciare quattro punti sul campo contro due neopromosse, no. Inzaghi deve invertire la tendenza e prendere in mano lo spogliatoio e guarire dalla sindrome del pari. Difendere i propri giocatori dalle critiche porta sì ad una serenità di ambiente che con Seedorf era venuta a mancare, ma la ricerca ostentata dell'alibi potrebbe ottenere il risultato opposto. Il sesto posto in classifica al Milan non può bastare. Anche perché, sulla carta, i tre impegni con Empoli, Cesena e Chievo (sabato a San Siro ore 20,45) avrebbero dovuto garantire 9 punti: un bottino pieno per ripartire verso le grandi ambizioni imposte dalla società.

   Il club vuole l'Europa, quella che conta. Ma a questo ritmo difficilmente a fine stagione il Diavolo conquisterà un gradino del podio di Serie A. Inzaghi placa gli animi e trova un equilibrio emotivo che dopo le prime due di campionato non sembrava essere di casa. Ribadisce più volte da dove ha preso in mano la squadra, afferma che il presidente Berlusconi è comunque soddisfatto della prestazione dei rossoneri, sbilanciati con un offensivo 4-2-3-1, ma i dubbi restano. E già qualche frecciatina nelle scorse settimane il presidente l'ha scoccata. Inzaghi deve ora deve lavorare sull'approccio alla gara, perché sia con l'Empoli che con il Cesena il Milan è stato costretto a recuperare. Deve individuare gli interpreti della retroguardia, perché la difesa resta il vero tallone d'Achille: undici i gol segnati, nove quelli subiti. Deve sperare che l'infermeria si svuoti, potendo contare finalmente su una rosa che possa dargli garanzie. Deve lavorare sulla psicologia dei singoli, perché i grossolani errori dei portieri (Diego Lopez a Parma, Abbiati a Cesena) stanno minando l'equilibrio di ruoli fondamentali. E, soprattutto, deve ritrovare lo spirito. La tenacia sembrava essere l'arma in più del Milan. "Vinceranno solo se saranno più bravi, non se avranno più voglia" il mantra ripetuto nell'ambiente rossonero.

    Con il Cesena però la squadra è sembrata rassegnata, mai intenzionata a ribaltare il risultato. Passi indietro anche nella mentalità del gruppo. Insomma, c'è molto su cui lavorare. E forse dovrà anche ammettere che la frase dello storico "rivale" Allegri è la storia del calcio moderno: fare spettacolo senza vincere, non serve a nulla. È importante ritrovare il feeling con i tifosi e ripopolare San Siro, ma alla fine contano solo i punti. "Giocando così facciamo divertire il pubblico", ha dichiarato ieri il tecnico rossonero a fine gara. C'è da credere però che il popolo milanista possa essere più felice di un terzo posto, piuttosto che di un sesto ottenuto con grandi emozioni

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