"Perche così pochi visitano
Genova?". E' la domanda che si fa Michael Frank sul New York
Times nella sezione viaggi, fornendo invece molte risposte sullo
'charme' della città ."Non è Firenze, Roma o Venezia. Non c'è
una lista predigerita di attrazione imperdibili, non ci sono
lagune romantiche, o la nascita del rinascimento da inseguire.
La città invita anzi richiede che uno si faccia le sue
esperienze e ripaga lo sforzo", scrive Frank, che cita, Mitchell
Wolfson, fondatore della Wolfsoniana di Nervi, quando dice "una
volta che hai Genova dentro non si può più cancellare". L'autore
evoca la "curiosa topografia" della città e racconta che
passeggiando nel suo patchwork urbano "certe volte si ha la
sensazione di entrare in una intricata stampa di Piranesi".
Dagli ascensori per belvederi mozzafiato, ai palazzi barocchi ai
Rubens alla cucina alle botteghe storiche, Frank descrive il suo
amore per la città. "Genova - scrive - si definisce per i suoi
standard, una lunga memoria e una resistenza implacabile".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA