Justin Trudeau

Redazione ANSA

"Welcome to Canada!". Con queste parole, nel pieno dell'emergenza rifugiati mentre l'Europa cercava una voce comune per gestire la pressione alle sue porte, facevano il giro del mondo le immagini del primo ministro canadese Justin Trudeau, all'aeroporto per accogliere i siriani in arrivo, che li abbracciava commosso distribuendo loro cappotti. Un anno dopo il politico 45enne, 23/mo primo ministro del Canada e leader del 'Liberal Party' conferma lo spirito del suo Paese e, determinato a mantenere le porte aperte, si conferma paladino dell'accoglienza nel Nord America. Cosi', adesso che il 'fronte progressista' sembra sempre piu' sfilacciato - in Europa alle prese con campagne elettorali gia' in pieno svolgimento e negli Usa alle prese con i primi 100 giorni di presidenza Trump - Trudeau appare quasi solo a fare da scudo a una visione del mondo, che ha ribadito con pur ferma pacatezza stringendo la mano del vicino e alleato piu' prossimo.

E lo fa in nome di quel multiculturalismo ereditato dal padre Pierre, che diede forma all'unicita' del Canada. Pierre Trudeau divento' leader dei liberali canadesi nel 1968 e fu piu' volte primo ministro segnando passaggi storici per il Paese. Fra questi appunto l'introduzione del principio di multiculturalismo come pilastro per le politiche di immigrazione, accoglienza e integrazione in Canada, che pongono l'accento sul mantenimento delle diversita' culturali e religiose rispetto all'assimilazione, disegnando quindi il 'mosaico culturale' canadese diverso rispetto al 'melting pot' dei vicini Usa. Pierre Trudeau fu un leader carismatico e popolare anche a livello internazionale. Justin continua quella tradizione, ma il passaggio in politica non e' stato ne' automatico ne' immediato: la prima volta che Justin Trudeau attiro' su di se' l'attenzione del Paese aveva gia' 29 anni, nel 2000, con il suo discorso al funerale del padre.

L'ingresso in politica pero' non arrivo' prima del 2008. Nel 2013 la conquista della leadership del partito liberale, che ha portato poi alla clamorosa vittoria elettorale del 2015 (con i seggi dei liberali passati a livello federale da 36 a 184: un risultato senza precedenti). Giovane, di aspetto gradevole, dinamico ma mai aggressivo, da allora e' una conferma dopo l'altra per il mondo progressista, dalle scelte per la composizione del suo governo, con un 50% di donne "perche' e' il 2015" spiego' semplicemente, alla dichiarazione "Io sono femminista", fino alla politica dell'accoglienza, appunto. Ma non solo: dirompenti le promesse in campagna elettorale, a due anni dall'elezione diverse di queste sono state ridimensionate se non cadute. In politica interna aveva promesso una riforma elettorale a livello federale, che sostituisse il sistema 'first-past-the-post" con uno che consente una distribuzione dei seggi piu' aderente alle preferenze espresse dal voto popolare. Un progetto pero' abbandonato all'inizio di quest'anno dopo il mancato livello di consenso riscontrato.

Sul fronte della politica estera, sempre in campagna elettorale Justin Trudeau aveva garantito che da primo ministro avrebbe messo fine alle missioni aeree condotte dal Canada nella lotta all'Isis. Una posizione che e' andato smussando, in particolare dopo gli attacchi di Parigi, invocando il necessario equilibrio tra la garanzia della sicurezza e dei diritti allo stesso tempo. Non sono mancate le note polemiche e le critiche: a suscitarle in particolare la reazione alla morte di Fidel Castro, definito da Trudeau un "leader eccezionale" al servizio del suo popolo. Ha sposato nel 2005 Sophie Gregorie, compagna di scuola durante l'infanzia a Montreal con la quale ha tre bambini.

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