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Turismo: Fvg; nei musei di Trieste visionarietà e avventura

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Turismo: Fvg; nei musei di Trieste visionarietà e avventura

I casi Revoltella e de Henriquez

21 agosto 2018, 15:40

Redazione ANSA

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Civico Museo Revoltella © ANSA/Massimo Crivellari

Civico Museo Revoltella © ANSA/Massimo Crivellari
Civico Museo Revoltella © ANSA/Massimo Crivellari

TRIESTE - Mondi scientifici, l'esodo fiumano-dalmata, il mare e i protagonisti della letteratura: sono una trentina i musei di Trieste, ma due in particolare tratteggiano figure visionarie e appassionate che riflettono lo spirito peculiare triestino.

Il primo racchiude una galleria d'arte moderna e fu la casa dove visse il barone Pasquale Revoltella che, nel momento della morte, nel 1869, lasciò alla città il palazzo con tutte le sue opere, gli arredi ed i libri. Vi sono circa 350 tra dipinti e sculture in parte acquistate proprio con le donazioni del Barone. Nei cinque piani si possono apprezzare le sculture di Arnaldo Pomodoro e Pietro Magni, i quadri di Lucio Fontana, Antonio Rotta, Tito Aguiari, Felice Casorati o Mario Sironi. Figlio di un macellaio veneziano, il barone riuscì a fare fortuna con il commercio di legno e granaglie e fu anche uno dei primi azionisti delle assicurazioni Generali. Precursore di una visione planetaria, fu tra i maggiori finanziatori della realizzazione del canale di Suez, strategico per lo sviluppo dei traffici del porto di Trieste. Qualcuno sostiene addirittura che fu lui a elaborarne il progetto.

Nel 1860 - Trieste era austriaca - fu incriminato e incarcerato con l'accusa di forniture all'esercito italiano durante la seconda guerra d'indipendenza. Rimase in carcere pochi mesi, poi fu completamente riabilitato nel 1867 dall'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe che lo nominò baronetto.

Più complessa la storia dell'originale studioso e collezionista Diego de Henriquez (Trieste, 1909-1974) a cui oggi è intitolato il museo della guerra e dalla pace che si trova lontano dal centro e nasce proprio dalla collezione privata dello studioso. Si tratta di 2.800 armi, 24 mila fotografie e 287 diari (per un totale di 38.000 pagine). Sono molto scenografici i grandi cannoni utilizzati durante le due guerre mondiali e presenti nella vasta sala che ospita i mezzi militari italiani e tedeschi. La passione per i resti bellici condizionò de Henriquez fin da bambino, ma fu nel 1941 grazie all'accordo con i suoi superiori che ottenne il via libera per avviare una raccolta di armi dell'esercito italiano nel quale lui era Caporale. A Trieste fu tra i negoziatori con i nazisti asserragliati. Tra le condizioni che spuntò c'era la consegna delle loro armi, da collezionare appunto. Morì in un misterioso incendio il 2 maggio 1974, doloso secondo qualcuno, poiché a conoscenza di qualche scomodo segreto sulla risiera di San Sabba.

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