Il conto alla rovescia delle
cancellerie è cominciato: meno tre giorni a sabato, quando il
vertice Ue straordinario dovrà definire i nomi dell'Europa dei
prossimi cinque anni. Se la corsa di Federica Mogherini come
nuovo volto della diplomazia Ue sembra procedere con il vento in
poppa, resta molto più incerta quella dei tanti candidati al
posto di presidente del Consiglio europeo. Almeno sette i
'papabili': due donne e cinque uomini, di cui cinque in quota
Ppe, una sola in quota socialista e uno in quota liberale,
quattro del blocco Est/Baltici e tre del Nord.
Il nome che nelle ultime 24 ore ha più ripreso quota,
rilanciato dall'appoggio del premier britannico David Cameron e
che già aveva avuto l'ok dalla cancelliera tedesca Angela
Merkel, è il premier polacco Donald Tusk, in quota Ppe. Darebbe
risposta alle grandi ambizioni di Varsavia - che ha candidato il
ministro degli esteri Radoslaw Sikorski al posto di Mr Pesc -,
rassicurerebbe il blocco dei Paesi baltici-Est e sarebbe gradito
alle grandi capitali. Tusk, però, non parla né un inglese né un
francese fluente. Il lettone Valdis Dombrovskis, sempre Ppe,
unisce invece sia le aspettative del blocco dell'Est che dei
paesi 'rigoristi', dopo aver risollevato il paese dalla peggiore
crisi economica della sua storia riuscendolo a far entrare
nell'euro. E' pero' poco conosciuto. L'irlandese Enda Kenny,
anche lui Ppe, è invece vicino a Londra, ha gestito un piano di
risanamento ma non gli viene attribuito sufficiente carisma.
In corsa ritorna poi il nome del 'falco' Jyrki Katainen, ex
premier finlandese, anche lui Ppe, dimessosi appositamente per
un posto di rilievo a Bruxelles dove ha sostituito Olli Rehn
come commissario agli affari economici. L'opposizione dei paesi
del Sud - con Mogherini alla Pesc e magari il francese Pierre
Moscovici in un portafoglio economico per la crescita nella
Commissione Juncker - potrebbe essere neutralizzata. C'è poi la
presidente lituana Dalia Grybauskaite, molto apprezzata a
Bruxelles dove è stata commissaria, donna, in quota Ppe ma come
indipendente. Ha però forti toni anti-russi.
Qui rientra in gioco l'unica candidata socialista, la premier
danese Helle Thorning-Schmidt, vicina a Londra, di sinistra ma
non troppo, donna (criterio-chiave) e del Nord, che come l'Est
non ha mai avuto cariche ai massimi livelli Ue. C'è poi il
liberale estone Andrus Ansip, poco noto ma rappresentante del
blocco dell'Est e dei paesi 'virtuosi'. Per entrambi
l'appartenenza politica può essere un handicap ma anche un asset
nel caso in cui i popolari fossero considerati
sovra-rappresentati: se si assicurassero sia il successore di
Van Rompuy che De Guindos all'Eurogruppo avrebbero 3 'top job'
su 4 a fronte di uno solo, e di minor peso, per i
socialisti.
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