La riforma Ue del codice delle
telecomunicazioni, che deve ridisegnare l'assetto del settore
per lo sviluppo del 5G, ha preso la direzione sbagliata e, così
come è in corso di modifica, viene meno all'obiettivo
fondamentale di favorire gli investimenti. E' il nuovo monito
d'allarme lanciato dagli operatori 'storici' europei di Etno,
dove gli ad di 35 gruppi tra cui Tim (per cui ha però firmato il
presidente Arnaud de Puyfontaine) hanno sottoscritto una
dichiarazione. E' infatti giunto alle sue battute finali il
negoziato tra Commissione, Parlamento e Consiglio Ue sul testo
della riforma, dove il principale nodo da sciogliere resta
quello del co-investimento, dopo l'intesa raggiunta sul modello
'wholesale only' che promuove chi è attivo solo nelle
infrastrutture e non sei servizi come quello di OpenFiber.
La proposta originaria di Bruxelles consentiva infatti una
certa deregolamentazione a quegli operatori che si fossero messi
insieme con un'intesa per investire in nuove reti 5G. Ora,
invece, ha preso piede un approccio dove a prevalere sono i
timori di limitazione della concorrenza a vantaggio degli
operatori 'incumbent', che elimina una deregolamentazione
d'ufficio e richiede una valutazione caso per caso da parte dei
garanti nazionali. E che ai privati non dà certezze.
"Scriviamo oggi per esprimere la nostra profonda
preoccupazione sullo status dei negoziati politici tra le
istituzioni europee", perché "sfortunatamente, non ci cono
segnali che il codice risponda alla sua ambizione iniziale". Al
contrario, "ci sono stati pochi progressi su misure vitali per
facilitare lo sviluppo del 5G". Non solo. L'attuale testo "viene
meno anche nel sostenere modelli di investimento di successo
nella fibra, che richiedono forti incentivi per accordi di
co-investimento così come per quelli commerciali". Da qui
l'appello di Etno per "affrontare in modo urgente le carenze"
del testo legislativo, altrimenti "persino le direttive Ue
esistenti darebbero più prevedibilità e certezza" a chi investe.
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