In tutto sono 92 gli Stati che sono stati sottoposti a screening. Poco meno di una quarantina hanno ricevuto lettere in cui si chiede l'impegno a rispettare i criteri fissati dall'Europa, ovvero: non offrire misure o accordi fiscali preferenziali che possano permettere alle imprese di muovere i propri profitti per evitare di pagare le tasse; trasparenza (scambio automatico di informazioni); e rispetto degli standard fissati dall'Ocse. Ma a finire nella lista nera saranno solo quei Paesi che non si sono neppure impegnati ad invertire la rotta. Quanti invece promettono di allinearsi, saranno inseriti in un documento a parte, e la loro posizione sarà rivista entro precise scadenze. In particolare, gli impegni dovranno essere presi ad alto livello politico e rispettati entro il 2018 per quanto riguarda i Paesi sviluppati; entro il 2019 per quelli in via di sviluppo. Inoltre è prevista la concessione di qualche mese in più (marzo) per quelli colpiti da uragani (si parla di alcune isole).
Si tratta di un processo molto fluido, un work in progress, che vede alla guida il cosiddetto gruppo del Codice di condotta, ma a decidere quali saranno gli Stati da includere nella 'black list' sarà il Consiglio Ue di martedì.
L'elenco verrà comunque sottoposto a revisione annuale, e adottato all'unanimità.
Quanto alle contromisure, si tratta soprattutto di iniziative di livello nazionale, che dovranno essere prese il più possibile a livello coordinato europeo, ma per vararle, alcuni Paesi dovranno cambiare alcune leggi nazionali.
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