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Eurodeputati: più fondi coesione per riconversione aree industriali

Serve aiuto comunitario per far ripartire sviluppo e lavoro

Redazione ANSA BRUXELLES

BRUXELLES - Le vecchie aree industriali dell'Ue hanno bisogno di piu' fondi europei per potersi rinnovare e per rilanciare lo sviluppo e l'occupazione. E' il messaggio che arriva oggi da una risoluzione approvata a larghissima maggioranza (618 voti a favore, 19 contrari e 36 astenuti) dall'Europarlamento, riunito in sessione plenaria a Strasburgo. Gli eurodeputati sottolineano che il settore industriale e' sempre stato una forza motrice per la creazione di posti di lavoro e la crescita nell'Ue. Sebbene la sua importanza sia diminuita negli ultimi 50 anni, l'industria continua a rappresentare circa il 16% del Pil Ue.

 

La risoluzione spiega che, a causa della crisi economica, il ruolo dei fondi della politica di coesione e' diventato sempre piu' importante per la trasformazione delle vecchie regioni industrializzate. La loro riqualificazione necessita di decenni ed e' molto costosa, oltrepassando spesso le capacita' amministrative e finanziarie degli enti locali. Per questo motivo, le regioni hanno bisogno di ''un sostegno specifico e ben strutturato'' da parte dell'Ue, che dovrebbe prendere esempio dalle strategie di successo realizzate a Manchester in Gran Bretagna, a Lille in Francia, a Essen in Germania e a Bilbao in Spagna.

 

''L'industria manifatturiera italiana subisce la concorrenza di molti paesi extra-europei, ma non possiamo consentire che il nostro patrimonio industriale sia posto in secondo piano'', ha commentato l'eurodeputata del Pd Patrizia Toia, chiedendo all'Ue di puntare su ''una politica di coesione efficace che riporti al centro della discussione una crescita sostenibile in cui tutela dell'ambiente, innovazione e occupazione siano compatibili con uno sviluppo verde''. L'europarlamentare indipendente Claudio Morganti (Eld) ha sottolineato dal canto suo l'importanza che ''l'Ue pensi a tutelare di piu' le industrie in crisi gia' esistenti, piuttosto che a rimpiazzarle con nuove industrie culturali e creative che non possono rappresentare una soluzione al tracollo di alcuni distretti industriali''.

 

 

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