BRUXELLES - Dopo la fuga in avanti della Svezia, primo paese Ue a riconoscere lo stato della Palestina, monta nella Ue e all'Onu la pressione a favore di Ramallah. Nel giorno della morte del ministro Ziad Abu Ein, il 'ministro degli esteri' europeo Federica Mogherini definisce "estremamente preoccupanti" le notizie "sull'uso eccessivo della forza" da parte israeliana e chiede una "immediata inchiesta indipendente" per accertare i fatti. E da New York fonti diplomatiche rivelano che entro fine anno, o al massimo a gennaio, potrebbe essere sottoposta al voto del Consiglio di sicurezza la bozza di risoluzione palestinese che chiede la fine dell'occupazione israeliana in Cisgiordania entro il 2016.
Prospettiva che inquieta il governo israeliano e che - secondo il quotidiano Haaretz - sarà al centro di un "incontro urgente" tra il premier Netanyahu ed il segretario di stato americano John Kerry lunedì prossimo a Roma. E la prossima settimana la plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo voterà una risoluzione di forte sostegno al riconoscimento dello Stato palestinese. Voto che non sarà vincolante, ma che sottolineerà la svolta politica in atto nella Ue e farà eco alle analoghe prese di posizione dei parlamenti di Gran Bretagna, Spagna e Francia.
Della svolta cui sono protagonisti gli eurosocialisti. Con il capogruppo S&D, Gianni Pittella, che proprio oggi nei suoi uffici al Parlamento europeo - e sotto la simbolica immagine di Nelson Mandela - ha formalmente firmato con Nabil Shaath, responsabile delle relazioni internazionali, il rinnovo dell'accordo di collaborazione con Fatah, il partito del presidente Abu Mazen, siglato per la prima volta nel 2010 da Martin Schulz. Accordo analogo, ha spiegato Pittella, i socialisti cercheranno di chiuderlo con il Labour israeliano, considerato unica possibile opposizione alla destra di Benjamin Netanyahu in vista delle elezioni.
"Mi sento in famiglia" ha sottolineato Shaath, ricordando che "i rapporti di Fatah con la famiglia socialdemocratica nel mondo si stanno rafforzando". Un legame che l'esponente palestinese ha fatto storicamente risalire al "dialogo lanciato" da Olof Palme e Willy Brandt e culminato con gli accordi di Oslo tra Shimon Peres e Yasser Arafat nel 1993, massimo punto di avvicinamento tra Israele e Palestina.