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Sei anni fa crac Lehman,Usa fuori tunnel,Ue resta ferma

Sei anni fa crac Lehman,Usa fuori tunnel,Ue resta ferma

Fed e Bce specchio delle due realtà, bazooka è acquisto asset

NEW YORK, 13 settembre 2014, 20:29

Redazione ANSA

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Sei anni fa il crack di Lehman a Wall Street - RIPRODUZIONE RISERVATA

Sei anni fa l'America scivolava nella crisi, trascinandosi dietro il mondo intero. A sei anni di distanza dal crac di Lehman Brothers, gli Stati Uniti sono ripartiti, complici le iniezioni da miliardi di dollari all'economia. L'Europa invece resta ancora al palo, 'piegata' da una crisi finanziaria originata da quel primo crac che si è evoluta in una tensione sul debito sovrano e che ha minacciato l'esistenza stessa dell'euro.

 

Una situazione opposta quindi quella che si vive sulle due sponde dell'Atlantico che è riflessa perfettamente dalle posizioni delle due banche centrali. La Fed si appresta infatti a muovere i primi passi verso la exit strategy con la fine del piano di acquisto di asset a ottobre e una ipotesi di aumento dei tassi di interesse nel 2015.

 

La Bce, invece, ha appena varato nuove misure a sostegno dell'economia e contro la deflazione e potrebbe spingersi oltre lanciando il 'quantitave easing', il 'bazooka' con il quale la Fed ha salvato l'economia americana e - secondo molti osservatori - quella mondiale, e che ora finirà. La Bce di Mario Draghi si trova quindi in una posizione simile a quella in cui si trovò ad operare e decidere l'ex presidente della Fed, Ben Bernanke, che ha lanciato tre programmi di acquisto titoli, nel 2008, nel 2010 e nel 2012.

All'ex presidente della Federal Reserve ci sono voluti sei anni per ammettere che la crisi dei mutui subprime è stata addirittura peggiore della Grande Depressione. Un ciclone, quello del 2008, che dopo aver travolto Wall Street ha colpito l'economia reale e le cui ferite non si sono ancora del tutto rimarginate. Gli States sono tornati a crescere, anche se la ripresa è debole, la più moderata dalla Seconda Guerra mondiale.

Il mercato immobiliare, quello al centro della crisi, si sta solo lentamente tirando su. I consumatori, meno indebitati e più 'formiche', sono tornati però a spendere sostenendo l'economia. Ma il mercato del lavoro è quello con le ferite più profonde: il tasso di disoccupazione resta elevato per la media storica americane e in milioni sono alla ricerca di un'occupazione che non trovano perché ormai da troppo tempo fuori dal mercato e perché le aziende cercano personale sempre più specializzato. Lo stato di salute dell'economia americana sembra migliore di quanto gli americani ritengano se guardato dall'Europa, dove anche la locomotiva tedesca ha iniziato a rallentare in un contesto di difficoltà che ha investito in pieno anche la Francia e in uno scenario di recessione continua per l'Italia.


Il tasso di disoccupazione resta ovunque l'incubo ereditato dal fallimento della banca d'affari americana nella notte tra il 14 e il 15 settembre del 2008. Senza lavoro a due cifre è un livello mai toccato negli Stati Uniti neanche durante il picco della crisi. L'unica nota di recente positiva per la crescita è l'indebolimento dell'euro dopo le nuovo misure della Bce, che ha portato i tassi allo 0,05%. Un indebolimento al quale la Fed guarda con attenzione: l'euro più debole, per il quale la Bce preme come volano della crescita e dell'inflazione, penalizzerebbe le esportazioni americane, indebolendo la già fiacca ripresa con rischi per il mercato del lavoro.


Le divergenze sulle due sponde dell'Atlantico si riflettono anche sul sistema finanziario. Le banche americane, alle prese con normative più rigide ma con una riforma di Wall Stret annacquata e non ancora del tutto attuata, sono tornate a macinare utili, anche se restano 'sorvegliate' speciali per la loro dimensione. Sono tornati a volare anche i listini Usa, con il Dow Jones e lo S&P 500, che lasciati alle spalle i minimi del marzo 2009 si muovono di record in record. Le banche europee, meno esposte alla crisi subprime, sono invece rimaste coinvolte in quella successiva del debito e si muovono con cautela verso un ritorno alla normalità ma a scapito del credito: l'incertezza sull'economia e sulle riforme ha fatto e continua a mantenere chiusi i rubinetti del credito rallentando la ripresa.

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