di Redazione ANSA
Gli under 40 tornano alla terra per cambiare l'agricoltura

Giovani, rurali e innovativi

Dal 2015 in poi in Italia sono aumentate le aziende agricole gestite da donne e uomini con meno di 40 anni di età. Un ritorno alla terra ha poco di bucolico e di 'tradizionale'. In parte le ragioni sono economiche, legate alla disoccupazione giovanile esplosa negli anni della crisi. In parte culturali e legate a una nuova percezione dell'attività agricola, che sta cambiando anche e proprio grazie all'arrivo di una nuova generazione di imprenditori. Aumentano gli imprenditori under 40 e gli iscritti alle facoltà di agraria. Per diventare gli interpreti migliori di un cambiamento che in Europa ormai dagli anni novanta, dalla riforma della politica agricola comune del commissario irlandese Ray McSharry, considera l'agricoltura non solo un'attività che produce alimenti e materie prime, ma anche qualità, paesaggio e sostenibilità. Negli ultimi anni, il settore 'primario' è tornato centrale per industrie nascenti, come quelle della della bioeconomia e della bioenergia. 

Mentre per le vecchie generazioni questa evoluzione costa una certa fatica, per l'agricoltura giovane è qualcosa di 'naturale'. Perché le aziende under 40 sono mediamente più competitive, attente all'ambiente e aperte all'innovazione di quelle della generazione precedente.

Foto credits Marco Tacca

Agricoltori in toga e tocco

Agricoltori in toga e tocco

I dati dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea) parlano chiaro. Tra il 2015 e il 2018, il totale delle imprese agricole si è ridotto dell'1%, ma le imprese giovani sono cresciute del 16% a fronte di una contrazione del 7% delle imprese gestite da under 40 nell'intera economia.

"Stiamo assistendo a un rinnovato interesse da parte dei giovani verso il settore agricolo – racconta il direttore generale di Ismea Raffaele Borriello – questo sia dal punto di vista imprenditoriale, con l'aumento dei giovani che vogliono diventare imprenditori agricoli, sia professionale. Negli ultimi anni l'occupazione giovanile in agricoltura ha fatto registrare un incremento del 17% e sono quasi 200mila gli under 35 impiegati nel settore. Questo perché l'agricoltura offre molti spunti di interesse anche per il suo carattere multidisciplinare, e così va interpretato anche l'aumento degli iscritti alle facoltà di agraria".

Secondo l'analisi di Ismea gli agricoltori under 40 sono prevalentemente al Sud (54%), provengono principalmente da famiglie agricole o con disponibilità di terreni, sono più istruiti presentano una formazione medio alta, il 13% è laureato e il 54% possiede un diploma. Solo il 30% ha, però, una preparazione specialistica per il settore. Il che è in qualche modo una conferma della capacità attrattiva dell'agricoltura. Le aziende dei giovani imprenditori sono più grandi e più competitive, in media una superficie agricola utilizzata doppia di quella rilevata a livello nazionale (16 ettari contro gli 8 della media nazionale) e una dimensione economica che riflette le stesse proporzioni (85 mila euro contro 45 mila euro).


Coltivare riso e biodiversità

Coltivare riso e biodiversità

Numeri che raccontano un gruppo sociale dalle caratteristiche molto diverse rispetto allo stereotipo dell'agricoltore diffuso nelle economie avanzate: anziano, poco istruito, tradizionalista e diffidente delle innovazioni, appartenente a un settore poco dinamico che subisce, più che accompagnare, l'evoluzione della società. Ecco, la nuova generazione di agricoltori europei e italiani ribalta questo stereotipo. Secondo un sondaggio realizzato nel 2017 dal Consiglio europeo dei giovani agricoltori, il 90% dei giovani 'farmers' nell'Ue si sente responsabile per la performance ambientale della propria azienda e per quasi il 60% istruzione e formazione sono i fattori più importanti per vivere dignitosamente nelle aree rurali.

La storia di Alice Cerutti è emblematica delle caratteristiche di questo ritorno alla terra che ha i caratteri di un ritorno al futuro.

"Questa cascina a riso è di famiglia, mio nonno l'ha acquistata oltre 70 anni fa ed è una grandissima fortuna, anche se prima di me nessuno dei miei familiari ha fatto l'agricoltore. Io sono una ragazza di città, ho studiato economia a Torino e vissuto un anno all'estero e lavoravo per una grande multinazionale. Quando la mia famiglia ha avuto l'idea di vendere la cascina, ho iniziato ad avvicinarmi alla coltivazione del riso, ho incontrato giovani agricoltori che mi hanno aiutato tantissimo in questo percorso e ho deciso di cambiare vita. Dalla città mi sono trasferita qui e ho iniziato a produrre riso. In quel momento mi sono domandata: che taglio posso dare a questa nuova avventura? Così ho deciso di coltivare con particolare attenzione alla biodiversità e sostenibilità ambientale.

 

Grazie ad Alice Cerutti oggi a Cascina Oschiena si coltiva non solo il riso, come si fa dal XVI secolo, ma anche la biodiversità: un luogo dove si progetta e si 'produce' ambiente. Il grande obiettivo è costruire un'area umida per la nidificazione degli uccelli migratori, in particolare la pittima reale, specie protetta e rara che nidifica in poche aree della Pianura Padana. Come la Cascina.

"Un'area umida – racconta Alice – è una zona naturale con specchi d'acqua di profondità diverse. E' un progetto che stiamo studiando da due anni e per noi è molto importante perché l'area sarà grande quasi 25 ettari, un quarto dell'azienda. Lo realizzeremo grazie ai fondi europei e al programma di sviluppo rurale della Regione Piemonte. Il progetto è frutto del lavoro di squadra di competenze diverse: esperti di avifauna, naturalisti, progettisti. L'obiettivo primario è la conservazione della biodiversità, in particolare l'aiuto alla nidificazione della pittima reale, uccello molto raro che nidifica proprio qui. Il progetto serve anche a valorizzare il nostro territorio e il paesaggio risicolo, con attività di didattica e fruizione pubblica, facendo rete con soggetti diversi come gli enti parco".


I fondi Ue e la Banca delle terre

Alice dice giustamente di aver avuto una grande fortuna a poter iniziare l'attività in un'azienda di proprietà della famiglia. L'accesso alla terra e al credito sono le barriere principali per i giovani agricoltori.

Negli ultimi anni l'Italia ha cercato di abbatterle grazie ai fondi europei e a iniziative nazionali. A favore dei giovani ha scelto di utilizzare circa 400 milioni della dotazione nazionale degli aiuti diretti della politica agricola comune per il periodo 2015-2020, mentre le Regioni hanno in genere fatto ampio ricorso alla misura per le start-up nei Programmi di Sviluppo Rurale. Il regolamento cosiddetto Omnibus, entrato in vigore a inizio 2017, ha consentito di fare ancora di più, dando la possibilità di prolungare agevolazioni e aiuti per gli under 40 oltre la fase di avvio dell'azienda.

Tra le iniziative nazionali, spicca la Banca delle terre agricole, affidata a Ismea, per facilitare la compravendita di terreni agricoli. I primi 8mila ettari, di proprietà di Ismea e già in coltivazione, sono stati destinati con corsia preferenziale ai giovani.

"Con la Banca della terra – spiega Borriello – mettiamo a disposizione dei giovani delle aziende 'chiavi in mano' che sono subito produttive e mutui agevolati che consentano loro di avviare le attività. Banca della terra è solo una delle iniziative che seguiamo. Il capitale fondiario non è la sola risorsa necessaria, i giovani devono anche poter fare investimenti e avere un accesso al credito agevolato. Quindi non solo diamo l'opportunità di acquistare l'azienda, ma mettiamo a disposizione 1,5 milioni di euro per gli investimenti, in particolare per il Mezzogiorno. Per quanto riguarda l'accesso al credito, mettiamo a disposizione dei fondi di garanzia per avvicinare banche e imprese".

La Banca non è dedicata solo ai giovani, ma reinveste in iniziative per giovani i proventi delle aste di vendita dei terreni. I risultati del primo lotto messo all'asta a dicembre 2017 sono stati lusinghieri, con la raccolta di 25 milioni di euro che saranno destinati a sostenere le iniziative dei giovani agricoltori. Per il secondo lotto, si punta a 116 milioni. Comprate terra, diceva Mark Twain, perché non ne fabbricano più. E perché potreste aiutare l'agricoltura italiana a entrare nel XXI secolo con i protagonisti giusti.