La storia tra il Parma e il Canada è una di quelle storie tribolate fin da subito, come ci spiega il Stefano Fanti, Direttore del Consorzio del Prosciutto, ma anche una storia paradigmatica di come, molto spesso, a rendere la vita difficile ai nostri prodotti all’estero siano, in primis, gli stessi italiani emigrati per cercar fortuna. “Negli anni Sessanta – racconta Fanti - un emigrante italiano che voleva vendere i suoi prodotti di salumeria ha registrato il marchio Parma all’ufficio brevetti canadese”, una mossa di marketing per promuovere un prodotto che però di Parma non avevano assolutamente nulla. “Dopo una trentina d’anni, a metà dei Novanta”, continua Fanti, “a seguito di una serie di trattative tra il Consorzio, con l’appoggio del governo italiano, e il governo canadese, abbiamo ottenuto l’autorizzazione ad esportare i nostri prosciutti in quel paese, ma al momento dell’arrivo dei Parma in Canada abbiamo scoperto che non era possibile utilizzare la denominazione d’origine ‘Prosciutto di Parma’ perché c’era proprio questo marchio già registrato da questa ditta italo-canadese che l’aveva quindi venduto ad un colosso canadese, la Maeple Leaf (controlla)”.
Partita chiusa e mercato chiuso, almeno alla dicitura ‘Prosciutto di Parma’, appannaggio, per via delle leggi sui brevetti, di un prosciutto che Parma non l’aveva vista nemmeno in cartolina. “Nei supermercati – ricorda ancora il direttore del Consorzio - e nei negozi canadesi il Parma si trovava solo come ‘The original’ o ‘L’original’ prosciutto di Parma, ma era vietato venderlo con il nostro nome”. Di fronte allo smacco, che è anche economico, oltre che di immagine, parte la battaglia legale per chiedere l’invalidazione di quella che era “un’effettiva falsificazione del nostro marchio”. Ma la partita è stata tutta in salita per il Consorzio: “Per diversi anni abbiamo intrapreso questa vertenza, ma sempre senza successo, nonostante si trattasse di una palese contraffazione del nostro marchio.”
E qui scende in campo l’Europa ed il CETA e con loro la tutela del marchio passa per Bruxelles.
“Intorno agli anni 2000 – spiega ancora Fanti - abbiamo cambiato strategia ed abbiamo coinvolto Bruxelles nell’ambito delle trattative per l’accordo commerciale con il Canada”. L’obiettivo: cercare di ottenere una tutela anche per il Parma. Una partita che dopo anni di tentativi si conclude positivamente: “l’anno scorso arriva la firma dell’accordo CETA, che tra le varie cose prevede anche una serie di protezioni dei diritti di proprietà di intellettuale ed una specifica per il Prosciutto di Parma”. Ma cosa significa questa protezione? “Abbiamo ottenuto un compromesso – chiarisce il Direttore del Consorzio - tra governo canadese e Commissione Ue che permette finalmente di esportare il Parme usando il nome ‘Prosciutto di Parma’ attraverso un accordo di sostanziale coesistenza tra la nostra denominazione di origine DOP e il marchio privato dell’azienda canadese Parma. E così, finalmente, dallo scorso anno i consumatori canadesi possono acquistare il Prosciutto di Parma chiedendolo semplicemente con il proprio nome: mi dia un etto di Parma”.
(foto di Pier Marco Tacca)