(ANSA) - RIMINI, 17 OTT - Le ultime rilevazioni dell'Istituto
Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra)
censiscono circa 75mila tartarughe marine nel Mare Adriatico.
Decine di migliaia di questi rettili ogni anno percorrono
centinaia di miglia per raggiungere l'alto Adriatico compreso
tra Ravenna, Trieste e Pola, non per deporre le uova, ma per
alimentarsi e nutrire i piccoli.
L'alto Adriatico è un mare poco profondo e ricco di
crostacei, paradiso per la biodiversità dell'ecosistema marino.
Un ambiente ideale per le tartarughe che, oltre ad alimentarsi
con spugne, meduse, cefalopodi, gamberetti e pesce, con le loro
possenti mascelle possono frantumare senza problemi i gusci duri
dei granchi, dei ricci di mare, dei bivalvi.
Sauro Pari, presidente della Fondazione Cetacea Onlus con
sede a Riccione, spiega: "Nell'area tra il Conero e Trieste sono
state censite tra le 25mila e le 45mila tartarughe,
prevalentemente della specie Caretta caretta, rettili che
nascono nello Ionio, nell'Egeo e nel nord Africa e che poi
vengono ad alimentarsi nel nostro mare. Si possono vedere
soprattutto in estate, oltre le 12 miglia, e specialmente quando
c'è il sole. Mangiano alghe, meduse e granchi. Ma sono
golosissime anche di cozze e vongole, e per questo motivo una
della zone di maggior concentrazione di tartarughe sono le aree
in cui sono presenti gli allevamenti di mitili, una sorta di
self service per questi simpatici animali".
Nel 2012 la Regione Emilia-Romagna, sollecitata da Fondazione
Cetacea, ha istituito una Rete regionale per la tutela delle
tartarughe marine: hanno siglato l'intesa anche l'Università di
Bologna, l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia
e dell'Emilia-Romagna, le Capitanerie di porto di Ravenna,
Rimini e Porto Garibaldi, i Carabineri Forestali, Arpae Daphne e
le diverse fondazioni da anni impegnate nella tutela
dell'ambiente, come il Centro ricerche marine di Cesenatico. La
Rete emiliano romagnola opera in stretta sinergia operativa con
le Reti di Veneto, Marche e Abruzzo. "Una ampia collaborazione
operativa, anche grazie alla collaborazione dei pescatori -
aggiunge Pari - ma ci sosteniamo unicamente col volontariato e
le donazioni dei privati, compreso il 5 per mille e le adozioni
online ('Adotta una Tartaruga') delle tartarughe che salviamo".
Sono diversi, infatti, i problemi in cui incorrono questi
animali marini. Possono finire intrappolati nelle reti dei
pescatori o ingerire un sacchetto di plastica credendolo una
medusa. E finiscono all'ospedale.
"A Riccione - aggiunge ancora Pari - gestiamo l'Ospedale
delle Tartarughe, con 42 vasche singole e che ci costa ogni anno
circa 180mila euro tra strutture e cure, compresa la Tac. Quando
i pescatori o le capitanerie di porto ci segnalano una tartaruga
in difficoltà la curiamo e poi, se sopravvive la liberiamo
ancora in mare. Quest'anno abbiamo curato e poi liberato 58
tartarughe, circa 550 negli ultimi dieci anni".
Oltre all'Ospedale delle tartarughe, la Fondazione Cetacea
gestisce 'Adria', centro di recupero animali marini e di
divulgazione sul mare Adriatico. Il Centro, oltre alle strutture
di ricovero degli animali malati o feriti, consta di diverse
sale espositive, una sala video, un laboratorio didattico, una
sala conferenze e una biblioteca specializzata
(http://fondazionecetacea.org). (ANSA).