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Libri: 'L'invenzione della madre' per diventare adulti

Libri: 'L'invenzione della madre' per diventare adulti

A Genova il giovane scrittore Marco Peano racconta dell'addio più doloroso

10 novembre 2015, 15:06

Redazione ANSA

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Marco Peano © ANSA/Stefano Stocco

Marco Peano © ANSA/Stefano Stocco
Marco Peano © ANSA/Stefano Stocco

 GENOVA - 'L’invenzione della della madre’ (Minimum Fax, 2015) è un libro che cura e non ammala. Ha ragione Michela Murgia che nella fascetta del romanzo d'esordio di Marco Peano, classe 1979, inquadra così la storia dell’amore più profondo, quello di un giovane per la madre che lo sta lasciando per colpa del cancro e del percorso doloroso che lo porterà con la morte della donna alla conquista dell’età adulta. Il libro, vincitore del premio Volponi 2015, sarà presentato sabato 14 novembre nell'ambito del festival letterario L'Altra metà del libro. “Il romanzo nasce da un’esperienza autobiografica che ho tentato di riportare in chiave narrativa - spiega Peano - è stata un’esperienza così intensa che l’unico modo per elaborare il lutto era quello di applicare un filtro che è quello della narrazione”. Protagonista il 26enne Mattia, che vive “in una situazione di blocco perenne, con studi non completati, un lavoro di cui gli importa ben poco e una fidanzata che è una specie di santa, ma che non può essere che il bonsai di un amore” spiega. Nel tran tran quotidiano fatto di assistenza, burocrazia e dedizione in cui Mattia cerca di fermare il tempo con l’illusione che se questo non scorre la madre non morirà, il protagonista compie tuttavia un percorso che “da un lato rappresenta la conquista dell’età adulta con l'accettazione che proprio tramite quella perdita potrà diventare se stesso ma è insieme un percorso linguistico che lo porterà a conquistare la parola più calda, cioè ‘mamma’, termine che compare solo alla fine del libro”. Da febbraio ad oggi in oltre 90 presentazioni Peano ha superato il timore iniziale “che era che i lettori mi dicessero o che c’era già passati e non volevano rivivere quell’esperienza oppure che non c’erano passati e volevano starne lontani. Invece mi hanno fatto capire che grazie al mio libro si sono sentiti meno soli”. Per questo, per il giovane scrittore torinese non c’è ancora un secondo romanzo all’orizzonte: “Ci ho messo sette anni per arrivare a pensare di aver detto esattamente quello che volevo dire. Ora ho voglia di accompagnare questo libro ancora per un po”.

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