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Dalla conquista del vetta alle nuove vie estreme sul Cervino

Dalla conquista del vetta alle nuove vie estreme sul Cervino

Un’epopea di 150 anni per scalare il ‘più nobile scoglio’

06 luglio 2015, 17:11

Redazione ANSA

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La guida valdostana Jean-Antoine Carrel - RIPRODUZIONE RISERVATA

La guida valdostana Jean-Antoine Carrel - RIPRODUZIONE RISERVATA
La guida valdostana Jean-Antoine Carrel - RIPRODUZIONE RISERVATA

BREUIL-CERVINIA - Dalle prime leggendarie scalate di Whymper e Carrel alle nuove vie aperte da Hervé Barmasse, quella del Cervino è la storia di imprese straordinarie. Da sempre ha ispirato miti e leggende: è anche per questo che nell’ottocento l’artista londinese John Ruskin lo ribattezzò il “più nobile scoglio”, definizione ripresa ancor oggi da Reinhold Messner nel titolo del suo ultimo libro. Un triangolo quasi perfetto, la montagna per eccellenza, ha affascinato e continua ad affascinare alpinisti e storici di tutto il mondo. Una piramide di granito e ghiaccio che fino al 1800 si riteneva impossibile scalare, soprattutto per l’asprezza dei suoi versanti. E’ solo dal 1860 che i primi alpinisti britannici e francesi tentarono di raggiungere i 4.478 metri della vetta, senza però superare i 4.100 metri.
Nel luglio del 1865 ci fu la svolta: in soli quattro giorni la vetta fu raggiunta prima dal versante svizzero e poi da quello italiano. Il giorno 13 una cordata di sette alpinisti guidata dall’inglese Edward Whymper attaccò la Gran Becca da Zermatt (Svizzera). Dopo una notte trascorsa all’addiaccio arrivarono in vetta il mattino seguente, riuscendo a scorgere, qualche centinaio di metri più in basso, la cordata italiana del valdostano Jean-Antoine Carrel che, partito il giorno 11 da Cervinia, decise di desistere. La discesa dei ‘conquistatori’ però fu caratterizzata da un gravissimo incidente: i primi quattro della cordata precipitarono dopo aver perso l’equilibrio; Whymper, che era il sesto, si salvò insieme ad altri due alpinisti dopo che la corda si spezzò. La cordata di Carrel, ignaro dell’incidente occorso ai compagni di scalata di Whymper, ritentò l’ascesa il 16 luglio. Questa volta l’impresa riuscì e Carrel arrivò in vetta il giorno seguente, con Jean-Baptiste Bich. La nascita dell’alpinismo sportivo si fa risalire proprio a quei giorni. Appena sei anni dopo, il 22 agosto del 1871, Lucy Walker, alpinista britannica, fu la prima donna a raggiungere la vetta del Cervino.
Nell’albo d’oro delle scalate del Cervino c’è sicuramente il grande Walter Bonatti, che nel febbraio del 1965 aprì una nuova via, in solitaria invernale, sulla parete Nord. Soltanto tre giorni prima lo stesso tentativo, ma in cordata, era fallito a causa di una tempesta che costrinse Bonatti e compagni a una avventurosa ritirata. Più recentemente l’alpinista Hervé Barmasse, nato e cresciuto ai piedi della Gran Becca, ha aperto diverse vie solitarie estreme. Il 13 marzo del 2014, in sole 17 ore, ha realizzato il primo concatenamento invernale delle quattro creste della montagna.
Dagli anni ‘90 la Gran Becca è stata al centro dell’attenzione degli skyrunner. Soltanto per raggiungere la vetta da Breuil-Cervinia un normale alpinista impiega circa 10 ore, pari a due giorni di scalata. Ma già nel 1990 Valerio Bertoglio salì e scese dalla vetta in quattro ore e 16 minuti. Cinque anni dopo il valdostano Bruno Brunod frantumò quel record, fermando il cronometro a tre ore e 14 minuti. Due anni fa, infine, il catalano Killian Jornet Burgada abbassò ulteriormente il tempo, impiegando due ore e 52 minuti.

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