BOLOGNA - Istituire un registro per tutte le infezioni dei dispositivi Cied, come pacemaker e defibrillatori, per permettere per la prima volta in Italia di raccogliere dati su un problema che ha una forte incidenza sui pazienti e sul sistema sanitario nazionale. E' la proposta lanciata nel corso del simposio 'Le infezioni Cied: implicazioni cliniche e attuali strategie di prevenzione', organizzato a margine del 12/o congresso Aiac (Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione), in programma a Bologna dal 12 al 14 marzo.
"L'idea che è maturata all'interno del congresso di costruire un registro italiano in cui tutti i centri o la maggioranza dei centri che fanno queste procedure accettano di segnalare su un database centralizzato tutti i casi di infezione è uno strumento di grandissima utilità - ha spiegato il professor Pierluigi Viale, direttore dell'unità operativa di malattie infettive al Sant'Orsola di Bologna e presidente Simit dell'Emilia-Romagna (Società italiana di malattie infettive e tropicali) - Prima di tutto perché ci dà la fotografia della situazione italiana, che in questo momento non conosciamo, perché non ci sono studi sul nostro territorio su questo argomento. Secondariamente dà a tutti questi centri partecipanti la possibilità di conoscere i propri tassi di infezione e confrontarli con quelli degli altri e con la media nazionale".
Gli studiosi hanno parlato però anche di un altro registro da affiancare a quello sulle infezioni: "Abbiamo deciso di fare due registri - ha spiegato il professore Giuseppe Boriani, dell'Università di Bologna e prossimo presidente Aiac - uno sulle infezioni dei dispositivi in Italia, che ci permetterà per la prima volta di raccogliere dati italiani sull'effettiva incidenza di questo problema sanitario, e anche un registro che mira a valutare l'impatto dell'involucro Tyrx nella pratica clinica".
L'involucro Tyrx (da poco disponibile in Italia e già diffuso negli Stati Uniti) è una retina riassorbibile all'interno della quale viene inserito il 'device' e che grazie all'emissione per alcuni giorni di un antibiotico permette la drastica diminuzione di infezioni. Sui device infatti in poco tempo si forma il biofilm, che ricopre interamente il dispositivo: "Già poche ore dopo l'impianto del dispositivo - ha spiegato il professore Emanuele Durante Mangoni, dell'Università di Napoli - il biofilm è strutturato e maturo. La sua rimozione coincide con la rimozione del dispositivo, con le conseguenze cliniche e i costi che tali interventi comportano. Si comprende pertanto l'importanza di strategie preventive, che impediscano al biofilm di formarsi".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA