"Mi sono autodenunciata ai carabinieri per aver dovuto dichiarare un falso in atto pubblico, pena privare mia figlia di un'identità civile, con la conseguenza di nessun nome, cognome o codice fiscale". Sara, madre da pochi giorni, è una donna piacentina lesbica, unita civilmente con Irene. Ed è grazie alla fecondazione con donatore anonimo in Spagna, che ha dato alla luce una bimba. Rientrate a Piacenza, si sono viste rifiutare dall'anagrafe comunale la registrazione della piccola. "Il Comune afferma che se Sara vuole essere riconosciuta come madre - spiega l'avv.Alexander Schuster di Trento, alle spalle altre cause Lgbt - deve dichiarare di aver avuto un rapporto sessuale con un uomo e garantire che questo non è parente né affine. Dovrebbe dichiarare il falso. L'ufficiale di stato civile si è rifiutato di ricevere il riconoscimento di entrambe le madri e ha rifiutato un atto di nascita per una bambina nata da fecondazione assistita. Scaduti i 10 giorni di legge, l'anagrafe ha negato la registrazione".
"L'interesse del bambino nato è che nell'atto di nascita compaiano solo le informazioni necessarie alla propria identificazione e non alle scelte sessuali dei propri genitori o altri elementi quali la nascita da fecondazione assistita. Tale informazione infatti non è prevista nemmeno nel caso di coppie maschio-femmina in cui la nascita è stata determinata dalla fecondazione assistita". Così il Comune, con l'assessore ai Servizi per il cittadino, Filiberto Putzu.
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