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Bacon e Freud, indagine sulla condizione umana

A Roma il confronto tra i due artisti nella Scuola di Londra

di Marzia Apice ROMA

ROMA - È forse l'ossessione per il corpo e il volto, specchi di una condizione umana sempre indagata ma mai conosciuta fino in fondo, accanto a una pittura che disperatamente cerca di registrare la vita vera attraverso l'uomo, ciò che colpisce nella mostra "Bacon/Freud, la Scuola di Londra", in programma a Roma negli spazi del Chiostro del Bramante dal 26 settembre al 23 febbraio. Un progetto affascinante, a cura di Elena Crippa, composto da oltre 45 pregevolissime opere (dipinti, disegni e incisioni dal 1945 al 2004) tutte provenienti dalla Tate, che presenta per la prima volta in Italia il confronto tra Francis Bacon e Lucian Freud proponendo insieme il racconto dell'esperienza degli artisti della Scuola di Londra. Il percorso declina circa 70 anni di arte britannica: accanto a Bacon e Freud, anche Frank Auerbach, Michael Andrews, Leon Kossoff e Paula Rego, artisti eterogenei ma legati da stima e amicizia, nati tra l'inizio del '900 e gli anni '30, giunti a Londra da immigrati, che nella città ancora ferita dalla guerra hanno trovato un luogo fecondo, in cui vivere ed esprimere finalmente se stessi. Bacon arriva dall'Irlanda rifiutato dal padre perché omosessuale, Freud e Auerbach scappano dalla Germania nazista, Rego lascia adolescente il Portogallo governato dalla dittatura di Salazar, Kossof è nato a Londra ma è figlio di ebrei russi, Andrews viene dalla Norvegia e trova in Freud il suo maestro: per ognuno di loro Londra sarà lo studio, l'ispirazione, la liberazione della propria personalità artistica, come se in un certo senso la città potesse fungere da nutrimento e slancio, con il suo mescolare negli anni del dopoguerra storie di immigrazione e di violenze, di cambiamenti culturali e sociali, di miserie e ricchezze, di riscatto. Se per gli artisti della Scuola di Londra la pittura è testimonianza del tempo storico in cui si è chiamati a vivere, di certo essa diviene veicolo di rappresentazione di una realtà che si impone senza filtri sulla tela non con la verosimiglianza ma proprio perché trasfigurata e sconvolta dalla potenza dell'emozione. Questo accade, con esiti diversi, in tutti i 6 protagonisti in mostra, nei corpi che delineano, nei visi, nei luoghi che osservano, negli istanti di vita. Poi nel percorso arriva il confronto tra i due giganti dell'esposizione, in due ampie sale: da un lato Bacon, che lavorava senza modelli ma usando fotografie come detonatori di idee e delimitando e distorcendo sempre la figura umana per raccontare una sensazione, di angoscia, di claustrofobia, di vulnerabilità; dall'altro Freud, che invece dipingeva dal vivo, sottoponendo i suoi soggetti a lunghe sedute nel suo atelier, per comunicare con le carni nude, arrossate, e i volti intensi la sua verità di disagio, ma anche di intimità. Lo sa bene David Dawson, presenza straordinaria oggi a Roma, durante la presentazione della mostra, che di Freud è stato amico, collaboratore e modello (è esposto anche un quadro che lo ritrae, "David and Eli", 2003-2004): "In Lucian la vita e l'arte erano strettamente connesse. Ha sempre scelto le persone da dipingere, non ha mai accettato commissioni e il modello doveva essere sempre presente. Lucian era interessato alle possibilità umane e artistiche che un modello poteva portare, nient'altro", ha raccontato, "avevo 30 anni e lui 69 quando l'ho conosciuto. La prima volta che sono entrato nel suo atelier c'era un quadro sul cavalletto: era il più straordinario che avessi mai visto. Da quel momento è nata l'amicizia e la collaborazione. Poi 16 anni dopo mi ha chiesto di posare per lui". "E' importante capire il background di questi artisti", ha spiegato la curatrice Crippa, "a Londra, ancora devastata dai bombardamenti, loro trovarono la possibilità collettiva di tornare a rappresentare la figura, nel desiderio di fissare sulla tela l'essere umano".

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