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Il genio di Andy Warhol a Roma

Il Vittoriano celebra il mito a 90 anni da nascita con 170 opere

Marzia Apice ROMA

Il mito di Andy Warhol arriva a Roma. Le icone più popolari come Marilyn Monroe e Liz Taylor accanto al famosissimo barattolo della Campbell's Soup; lo 'scandaloso' adesivo della banana sulla copertina dell'album The Velvet Underground and Nico, e poi i 'flowers', il nostro Vesuvio, gli stilisti più acclamati come Armani, Versace e Valentino, il mondo della musica con Mick Jagger e Michael Jackson, la lunga serie di Polaroid con i personaggi più disparati. Infine i celebri self portrait, da cui emerge lo sguardo vivo e disincantato del genio.

Una grande mostra che rende omaggio all'artista e all'uomo, a 90 anni dalla nascita, allestita dal 3 ottobre al 3 febbraio al Complesso del Vittoriano. Dalle origini della Pop Art, di cui Warhol è creatore ma anche un po' figlio, fino al 1987, quando al vertice del successo muore dopo un banale intervento, la mostra romana ripercorre non solo la carriera dell'artista ma anche la sua vita straordinaria, fatta di trasgressioni, intuizioni ed eccessi, restituendo lo spirito di tre decenni, dagli anni '60 agli anni '80. Con oltre 170 opere, nell'esposizione emergono la capacità visionaria e le ossessioni di Warhol, che riuscì a confrontarsi in modo inedito con le nuove forme di comunicazione di massa, rivoluzionando non solo il concetto stesso di arte e la pratica artistica, ma anche il mondo della musica, del cinema, della moda. All'inizio del percorso si inseguono sulle pareti le serigrafie con le icone più caratteristiche dell'arte di Warhol, opere che nel bene e nel male fanno parte ormai dell'immaginario collettivo; poi, dopo una splendida stanza che sembra un campo di fiori luminosi e musicali, ecco i lavori che documentano i legami con l'Italia (la serie del Vesuvio), con gli stilisti e le star musicali e cinematografiche, fino a una sezione in cui si dà spazio ai disegni dell'artista e alle mitiche Polaroid, compagna per lui inseparabile e strumento necessario per realizzare i ritratti.

Considerato all'inizio un 'vetrinista', uno 'straccione', 'il nulla in persona', Warhol è riuscito a fondere il popolare e l'elitario: con l'opera d'arte è diventata immediata e ha perso la sua sacralità entrando nel quotidiano, come dimostrano le sue serigrafie e i suoi soggetti, riprodotti ovunque e su qualsiasi formato. Artista poliedrico, in realtà è stato in grado di predire l'evoluzione della società, così smaniosa di consumismo e di apparenza, in cui tutti sembrano sempre in cerca i quei 15 minuti di celebrità di cui, secondo l'artista, ognuno ha diritto. "Oggi forse Warhol a 90 anni girerebbe con lo smartphone, pronto a condividere fotografie sui social network. Magari se fosse stato ancora vivo avremmo potuto assistere a un upgrade della sua opera", dice oggi Matteo Bellenghi, curatore della mostra, "questo progetto è un racconto per immagini, con tanti oggetti e curiosità, per comprendere l'uomo accanto all'artista".

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