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Lorenzetti-Conte, la realtà in equilibrio

Alla Galleria Nazionale Arte Moderna il percorso dei due artisti

Luciano Fioramonti ROMA

Che cosa hanno in comune le lastre di acciaio modulate a sbalzo, le lunghe aste di metallo a tratteggiare vascelli siderali di Carlo Lorenzetti e i libri lignei e le forme metafisiche di Bruno Conte? Apparentemente poco o nulla, si direbbe, per stile e scelta dei materiali. Un filo lega, invece, i due artisti romani da quasi 40 anni. Lo scultore Fausto Melotti nel 1982, in occasione della mostra 'Realtà in equilibrio' che li presentava con altri autori alla Galleria il Segno di Roma, li definì "compagni di ricerca, anacoreti lontani dalle tentazioni del mondo. Non di mimi, si tratta di alcune pietre portanti dell'arte".

Con lo stesso titolo li ripropone oggi il critico Giuseppe Appella, fino al 30 settembre in due grandi sale della Galleria Nazionale d'Arte Moderna, accostandoli ma tenendoli ben distinti. "Conte e Lorenzetti - spiega Appella - negli anni Sessanta lavoravano nella forma, mentre le mode e il mercato guardavano all' America e alla Pop Art loro restavano in Europa". Le due mostre, alle quali dal 15 ottobre al 6 gennaio 2019 seguirà quella di Giulia Napoleone, anche lei nel gruppo di artisti della mostra del 1982, descrivono il percorso e l' evoluzione di Carlo Lorenzetti e Bruno Conte, presentando di ognuno opere 80 tra sculture, disegni e libri d'artista (del primo dal 1956-2014; del secondo dal 1955 al 2018). Lorenzetti, definito dal suo maestro Pericle Fazzini "scultore del vento", continua a far notare: "Nelle mie opere il vento c'è sempre". Lo dice mostrando "Vascello siderale" (2010), la sua opera più recente in mostra, due lastre di acciaio nodulate ad evocare le vele rigonfie e tese su una lunga asta di metallo nero. Conte chiarisce: "La mia è una metafisica in astratto, senza simbologie. E' difficile dare il senso metafisico senza riferimenti a simboli o richiami letterati. Giochiamo con effetti di sensazioni e ricordi interiori, con un messaggio non esplicito. Sono stato sempre attento a ciò che accadeva nel campo delle avanguardie ma ho sviluppato la mia tematica seguendo le mie sensazioni".

Occhio vispo, nonostante gli acciacchi dei suoi 84 anni, Lorenzetti ammette un legame speciale con l' opera esposta nel 1962 a Spoleto in occasione della grande mostra "Sculture nella città" per il Festival dei Due Mondi alla quale parteciparono 50 artisti di spicco di tutti i paesi. "Avevo 27 anni - ricorda con un sorriso - io ero la mascotte tra tutti quei grandi nomi. E' cominciato tutto da lì. Fu il mio battesimo". Ad Alberto Gerardi, uno dei suoi maestri, deve la conoscenza delle tecniche di lavorazione dei metalli e il senso 'umanistico' del fare. "In questo contesto - osserva - matura, dopo esperienze pittoriche, la mia più forte inclinazione verso la scultura, sollecitata pure dalla realtà artistica di Roma nella sua stratificazione temporale. Passavo ore a passeggiare nella città per scoprire monumenti, soprattutto dell'antichità romana e del periodo barocco. Quanto ai contemporanei, la mia esigenza era più quella di conoscere che non quella di trovare interlocutori diretti". Bruno Conte, classe 1939, dice di sè: "Riguardando i miei primi lavori, dopo la metà degli anni Cinquanta, elaborati entro un microcosmo surreale, mi sembra già di avvertire, nel disegno delle forme lineari, una segreta scrittura. Non mi sono mai staccato dalle mie prime opere del 1955/56. C'è già un atteggiamento particolare in quegli anni di pittura informale e gestuale. Il carattere della poetica che si è andato sviluppando e mutando fino a oggi si può identificare nella tematica di una misteriosa, eppure coinvolgente, materia della realtà: oltre il macrocosmo, il cosmo assunto nella stanza in cui si opera. Le mie opere sono concettuali, ma nella loro forma, ancora meditata, tra equilibrio e squilibrio. Metafisici eventi e oggetti alieni". Il passaggio al legno, sottolinea, è avvenuto per la "necessità di creare profondità e spessore".

Ad accomunare i due maestri sono anche i titoli ricercati delle opere, molto spesso neologismi, quasi a segnalare la necessità di ricorrere a parole nuove per esprimere e delineare concetti nuovi. Lorenzetti lo fa con Estroferroso" (1987), Nubilunghe (1978), Cosmoconico (1989), Rombospazio (2004), Trinuvole (2003), Svirgolata (2000), Scivol/Astrale (1999). Più in là si spinge Conte con Precipinizio (1986), Simultanimo (1989) Transnero (1997), Scatenangolo (1986), Egocielo (1985), Stridenso (1989) Angolobico (1976).

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