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Quelle Fatiche d'Ercole e il mistero di Mantegna

Quelle Fatiche d'Ercole e il mistero di Mantegna

Al via restauro sala Palazzo Venezia, cercando anonimo autore

ROMA, 26 luglio 2016, 14:23

di Daniela Giammusso

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Restoration of the ' 'Sala delle Fatiche di Ercole ' ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Restoration of the  ' 'Sala delle Fatiche di Ercole ' ' - RIPRODUZIONE RISERVATA
Restoration of the ' 'Sala delle Fatiche di Ercole ' ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

   L'arco è teso.    Sotto la lampada, Ercole punta la freccia verso gli uccelli di Stinfalo scappati dall'Arcadia. Poco più in là eccolo ancora.
    Nonostante i colori offuscati si riconosce per la barba riccia, mentre il leone nemeo gli stringe la gamba. E ancora, tra le sbarre delle impalcature, eccolo mentre carica sulle spalle la cerva di Cerinea e poi affronta il Drago Ladone, con le graffette in metallo ne ancorano l'intonaco al muro. Possibile davvero che dietro quelle pennellate coloratissime e colte si nasconda la mano del Mategna? E' il grande mistero cui si spera di rispondere a Palazzo Venezia a Roma con il restauro della Sala delle Fatiche di Ercole. Finanziato con una donazione liberale di 150 mila euro dalla Fondazione Silvano Toti e realizzato dal Consorzio L'Officina per il Polo Museale del Lazio, l'intervento in quattro mesi riporterà all'originario splendore uno degli ambienti più raffinati e antichi del palazzo voluto dal Cardinale Pietro Barbo a metà del XV secolo, poco prima di diventare Papa Paolo III.
    ''Abbiamo scelto questa sala - racconta all'ANSA, la direttrice del Polo Museale Edith Gabrielli nel pieno del cantiere che già a settembre sarà visitabile dal pubblico - perché è uno dei cicli di affreschi più significativi del palazzo e perché è un tassello dell'arte del Rinascimento a Roma ancora tutto da svelare''.
    Uomo raffinato e collezionista, Pietro Barbo aveva voluto questa sala al piano nobile per la custodia dei paramenti (è nota anche come Sala dei paramenti). Sul soffitto ligneo e la parte alta delle pareti, un rincorrersi di fregi, stemmi familiari, grottesche e soprattutto otto riquadri, intervallati da quattro fontane con amorini, con alcune delle dodici fatiche di Ercole, dall'incontro con Antea a Gerione, poi il drago Ladone, la cerva di Cerinea, il centauro Nesso. Graffette e ''lacune semplicemente riempite'' testimoniano i ripetuti e pesanti interventi effettuati nel tempo. L'urgenza oggi, spiegano all'ANSA le restauratrici Isabella Righetti e Rita Ciardi, ''è la disinfezione della parte lignea del soffitto e il consolidamento dell'intonaco e delle pitture. Dobbiamo stare attenti perché sono stati utilizzati pigmenti a secco che hanno nascosto i colori originali. Con la ripulitura speriamo di ritrovare lo smalto dei dipinti, che dovevano dare l'impressione di grandi finestre aperte verso l'esterno''. Per nuove scoperte ''è ancora presto - dicono - Ma c'è da indagare la parte bassa dell'affresco per capire se 'chiudeva' così anche in origine o se piuttosto la cesura è successiva, perché le pareti dovevano essere ornate anche sotto. Incrociando le competenze, nostro obbiettivo è poi capire chi ha lavorato qui, quali mani hanno toccato questo muro prima di noi''. A lungo gli studiosi hanno dibattuto sul talentuoso anonimo, probabilmente di origine settentrionale. Più di qualcuno lo collega ad Andrea Mantegna, altri pensano a un miniatore della corte pontificia.
    ''Io dubito ci sia davvero la mano del Mantegna - dice la Gabrielli - Ma la sala è un luogo fondamentale per fare luce sul Rinascimento romano, che è stato studiato ma non ancora sufficientemente indagato, in parte oscurato dal più celebre Rinascimento fiorentino. Di certo - conclude - le 12 fatiche di Ercole al tempo erano un tema centrale, un confronto diretto con l'antichità. E qui deve aver lavorato un artista estremamente colto, che da prova di grande sensibilità''.
   

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