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Cabine telefoniche a Ny, è arte politica

Cabine telefoniche a Ny, è arte politica

Installazione a Times Square racconta vere storie di immigrazione

NEW YORK, 07 luglio 2017, 18:02

di Alessandra Baldini

ANSACheck

Credit : Brian William Waddell - RIPRODUZIONE RISERVATA

Credit : Brian William Waddell - RIPRODUZIONE RISERVATA
Credit : Brian William Waddell - RIPRODUZIONE RISERVATA

NEW YORK - Tre cabine del telefono sono tornate a Times Square ed e' una sorta di "back to the future": dopo che l'amministrazione municipale della Grande Mela ha mandato a riposo questi monumenti alla nostalgia di un'epoca in cui la comunicazione passava attraverso gettoni e monetine, i chioschi telefonici sono diventati parte dell'installazione dell'artista di origine afghana Aman Mojadidi in cui speranze e drammi dell'emigrazione vengono raccontati attraverso la voce reale di migranti.

Dal Tibet alla Nigeria, dal Bangladesh al Messico passando anche per l'Italia: anche nella cacofonia di suoni di Times Square lo squillo-richiamo e' difficile da non notare. Mojadidi, che ha un background in antropologia culturale, ha recuperato le cabine da LinkNYC, il programma comunale che l'anno scorso le ha sostituite definitivamente con hot spot wi-fi. "Once Upon a Place", c'era una volta un posto, presenta fino al 5 settembre nella piazza crocevia del globo una grande storia orale: 70 telefonate da due a 15 minuti ciascuna all'interno di quelle quattro pareti di vetro coperte da graffiti dentro cui Clark Kent si cambiava nei panni eroici di Superman nel mondo dei fumetti. "L'idea e' nata automaticamente", ha detto al New York Times Mojadidi: "Ero gia' rimasto affascinato dalla scomparsa delle cabine telefoniche che avevo usato anch'io parecchio prima dell'avvento dei cellulari. Cosi' mi sono immaginato le mille storie che potrebbero averle attraversate e ho deciso di farle raccontare attraverso la cornetta del telefono".

La scelta di Times Square e' stata dettata da ragioni pratiche, ma anche simboliche: "E' uno dei luoghi piu' frequentati e internazionali del mondo". La speranza e' di stimolare una riflessione su un tema caldo della politica come l'immigrazione: "In tutti il mondo ogni grande citta' e' stata costruita, non distrutta, da immigrati". In un laboratorio a Brooklyn, l'artista ha adattato le cabine al progetto trasformandole in "registratori" capaci di raccontare esperienze reali; al posto dell'elenco del telefono un raccoglitore esplicativo delle moschee, sinagoghe, parrocchie e centri comunitari di approdo dei protagonisti. Le quattro pareti di vetro sono rimaste quelle di un tempo, traslucide e ancora imbrattate di vernice spray. Le storie sono state raccolte negli ultimi mesi, con difficolta' sempre crescenti dopo il giro di vite all'immigrazione e gli ordini esecutivi del presidente Donald Trump sul bando all'ingresso di viaggiatori provenienti da sette paesi musulmani.

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