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Produzione Mozzarella Dop +7%, fatturato sale a 330 milioni

Il 25% di mozzarella di bufala campana certificata va all'estero

Redazione ANSA ROMA

Cresce del 7% la produzione nel 2015 della Mozzarella di Bufala Campana a denominazione di origine protetta che vede salire sia il fatturato di produzione (dai 310 milioni di euro del 2014 ai 330 del 2015) sia quello al consumo (da 515 milioni di euro a 540). I dato sono stati forniti dal Consorzio di tutela del formaggio Dop, presso la sede Aicig, l'associazione dei Consorzi Indicazioni Geografiche. Il più importante marchio Dop del Centro Sud d'Italia conta oltre 41 milioni di Kg di mozzarelle di bufala campana certificate prodotte e vendute, nel 25% dei casi all'estero.

L'export è principalmente in Francia, Germania, Regno Unito, Svizzera, Spagna e Stati Uniti. Proprio negli Usa questa produzione casearia della categoria 'fresco' ha scalzato nei cinque ultimi anni il Cheddar e il Provolone cheese, anche se negli scaffali oltreoceano il made in Italy 100% deve combattere la concorrenza dell'agropirateria e l'italian sounding. Un bilancio 2015 che soddisfa Domenico Raimondo, presidente del Consorzio Mozzarella di bufala campana Dop: ''La domanda di mercato dimostra - ha detto Raimondo - quanto i consumatori apprezzino la qualità del nostro oro bianco, e anche il prezzo del latte bufalino ha raggiunto quote congrue per la filiera.

Con l'emergenza 'Terra dei Fuochi' sembravamo portatori sani di diossina, nonostante solo uno dei 102 caseifici certificati si trovi in prossimità dell'area (fuori comunque, a distanza di un chilometro), e invece abbiamo avuto un buon riscatto''.

''Bene poi il 'calciomercato' di settore con l'acquisizione di Pier Maria Saccani, ora in carica come direttore generale'', ha detto il presidente del Consorzio Raimondo. ''Conoscevo da 12 anni la tutela consortile della mozzarella Dop e ho trovato - ha sottolineato il neo direttore generale Saccani, ex segretario Aicig - salda e ben strutturata sia come Consorzio che come realtà imprenditoriale. Ci sono tanti giovani e trasformatori e si trova lavoro nei caseifici e nei 1371 allevamenti censiti.

Ora vanno cercate regole per la regolazione dei volumi per dare stabilità e garanzie all'intera filiera, come già avviene per il vino in Francia e altri consorzi di eccellenze casearie in Italia. Una filiera che si caratterizza anche per il 20% di vendite dirette che avvengono in caseificio e nelle aree di prossimità''. ''Siamo davanti a un patrimonio culturale ed economico - ha concluso Leo Bertozzi, neo segretario Aicig - che sa dare l'esempio su come si deve essere competitivi sul mercato globale''.(ANSA)

 

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