Nei quattro angoli del pianeta i consumatori attribuiscono grandi apprezzamenti per il cibo italiano: "The best", per molti, per una cena gratificante, per far bella figura con gli ospiti, e per fare un dono di prestigio. Ma se la reputazione è alta, secondo un'analisi sui commenti web - presentata dallo Studio Valdani e Vicari insieme alla Cia-Agricoltori Italiani, Ice, Gambero Rosso Internazional, e Centro Studi Anticontraffazione a Roma presso la Stampa Estera - i numeri dell'export sono bassi e, come sottolineato dal presidente della Cia Dino Scanavino "gli stranieri non conoscono il 95% dei prodotti agroalimentari made in Italy, un vero e proprio scrigno di tesori nascosti di cui appena una dozzina sono di chiara fama".
Del resto, ha osservato Enrico Valdani, responsabile dello studio Valdani e Vicari, "il 64% dell'export agricolo nel mondo è animato da 15 Paesi. Quelli che esportano di più sono, nell'ordine: Stati Uniti, Olanda, Brasile, Germania e Francia. L'Italia è solo al quindicesimo posto, anche dopo il Belgio che ha un numero di abitanti pari a quelli della Lombardia. Mentre siamo al settimo posto come Paese importatore. Ciò significa che dobbiamo conquistare i mercati esteri cambiando strategia e facendo sistema".
Un fare squadra e sistema che, secondo il presidente della Cia Scanavino, "permetterà di sbloccare un potenziale da 70 miliardi di euro di export. Ma non si può più puntare solo sul 'Km zero'; stiamo relegando le nostre produzioni alla vendita nei mercatini rionali, che complessivamente generano un fatturato sotto 1,5 miliardi di euro. E' miope non guardare all'obiettivo 70 miliardi".