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Terremoti, funzionano i primi modelli che li prevedono

Terremoti, funzionano i primi modelli che li prevedono

I test indicano probabilità accurate

12 giugno 2018, 18:26

Redazione ANSA

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Funzionano i primi modelli in grado di prevedere la probabilità di un terremoto (fonte: NASA) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Funzionano i primi modelli in grado di prevedere la probabilità di un terremoto (fonte: NASA) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Funzionano i primi modelli in grado di prevedere la probabilità di un terremoto (fonte: NASA) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Funzionano i primi modelli per la previsione dei terremoti. Sebbene la strada sia ancora lunga forniscono probabilità accurate, come dimostrano i test della rete internazionale Csep, cui l'Italia partecipa con ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), accanto a California, Nuova Zelanda e Giappone. "Non siamo in grado di dire se domani ci sarà un terremoto, ma di calcolare delle probabilità", ha detto all'ANSA il sismologo Warner Marzocchi, dell'Ingv.

I primi risultati dei test condotti dalla rete Csep (Collaboratory for the Study of Earthquake Predictability), riguardano il periodo 2009-2014 e sono pubblicati sulla rivista Seismological Research Letters e comprendono anche il test basato sui dati del terremoto del 2012 in Emilia Romagna. Con Marzocchi ha firmato l'articolo Matteo Taroni.

Se le probabilità di un terremoto "sono del 5%, questo significa che in media una volta su 20 in quelle particolari condizioni ci sarà un terremoto", ha spiegato Marzocchi. Ciò vuol dire, ha rilevato, che "siamo lontani anni luce da quello che si intende comunemente con il termine previsione, ma certamente siamo in grado di indicare come le probabilità cambiano nel tempo e nello spazio". Da qualche anno i dati vengono trasmessi a livello sperimentale sia alla Commissione Grandi Rischi sia alla Protezione Civile.

Tutti i dati dall'agosto 2009 al 2014 registrati dalla Rete sismica nazionale, includendo anche i terremoti della sequenza dell'Emilia Romagna nel 2012, sono stati confrontati con le previsioni probabilistiche fornite da tanti modelli sottoposti all'esame del Csep. Si analizzeranno anche quelli relativi alla sequenza iniziata il 24 agosto 2016 nell'Italia centrale. "Il confronto fra le previsioni fatte e i dati osservati permette inoltre di individuare il modello più efficiente", ha detto ancora Marzocchi. "Grazie alla rete Csep - ha aggiunto - si riesce a spostare in un ambito scientifico tutte le discussioni sulle previsioni". Dopo questo primo round si prevedono altri cinque anni di test dei modelli.

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