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La mappa del nepotismo nella ricerca, Italia maglia nera

La mappa del nepotismo nella ricerca, Italia maglia nera

Gli accademici italiani lavorano dove sono nati

04 luglio 2017, 12:17

Redazione ANSA

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Studenti in un 'aula universitaria (foto d 'archivio) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Studenti in un 'aula universitaria (foto d 'archivio) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Studenti in un 'aula universitaria (foto d 'archivio) - RIPRODUZIONE RISERVATA

E' pronta la prima mappa del nepotismo nelle università, nella quale l'Italia si aggiudica un primato poco edificante, superando di gran lunga Francia e Stati Uniti. Ovunque, invece, restano marcate le differenze di genere. La ricerca, pubblicata sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas), indica che gli accademici italiani tendono a lavorare nella regione in cui sono nati e la tendenza è più marcata nel Sud; anche se il nepotismo darebbe qualche segno di declino, l'unica scelta per i giovani di talento resta lasciare il Paese. Condotto dagli italiani Jacopo Grilli e Stefano Allesina, dell'università americana di Chicago, lo studio si basa sull'analisi di cognomi e informazioni geografiche relativi a oltre 133.000 ricercatori.

I dati italiani sono stati raccolti sul sito del Consorzio Cineca e riguardano gli anni 2000, 2005, 2010 e 2015. ''Prendiamo ciascun dipartimento e contiamo il numero di cognomi ripetuti. In Francia, il numero di cognomi ripetuti è spiegato dalla distribuzione geografica, mentre negli Stati Uniti da una immigrazione specifica in alcuni settori scientifici. In Italia, anche tenuto conto di questi fattori, alcune discipline e regioni presentano anomalie'' ha detto all'ANSA Allesina. ''Grazie a ulteriori test - ha aggiunto - dimostriamo come le anomalie siano compatibili con assunzioni nepotistiche''.

Queste riguardano Campania, Puglia e Sicilia per il 2015, ma negli anni precedenti si osservano anche in Emilia Romagna, Lazio, Piemonte, Lombardia, Toscana, Sardegna. La stessa cosa vale per le discipline: ne 2015 le anomalie sono più evidenti per Chimica e Medicina e in precedenza anche per Legge, Ingegneria, Biologia, Economia e Agraria. Dall'analisi emerge inoltre che i ricercatori italiani, a differenza di quelli di Francia e Stati Uniti, tendono a lavorare dove sono nati e cresciuti. Un dato che, secondo Allesina "segnala che la concorrenza tra gli atenei per assumere i ricercatori migliori è scarsa”. Se le università “cercassero di offrire migliori condizioni salariali e di ricerca, ci aspetteremmo - ha aggiunto - una maggiore mobilità”.

L'analisi è stata ripetuta anche usando i nomi di battesimo ed è emerso che ovunque ci sono differenze di genere in Ingegneria, Fisica e Medicina. Lo studio nasce anche dalla volontà di verificare gli effetti in Italia della riforma universitaria del 2010, che proibisce di assumere parenti dei docenti. E' emerso che il nepotismo nelle università italiane sembra essersi ridotto dal 2000 a oggi. Tuttavia il fenomeno era in calo già in precedenza, suggerendo che la diminuzione osservata sia dovuta più ai pensionamenti e alla riduzione delle assunzioni che non all'effetto della norma.

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